mercoledì 25 dicembre 2013
L'ARCA DELL'ALLEANZA
L'Arca dell'Alleanza era il recipiente nel quale Israele aveva riposto le Tavole della Torà, dopo averle ricevute sul monte del Sinai. Su di loro erano incisi i Dieci Comandamenti. L'Arca fu trasportata per tutti i 40 anni di viaggio nel deserto, e accompagnò Israele durante i lunghi anni di conquista della Terra Promessa, fino a venire posta nel Tempio costruito dal Re Salomone. Si trattava di una cassa lunga due cubiti e mezzo (ogni cubito è circa mezzo metro), larga un cubito e mezzo, e alta un cubito e mezzo, come mostrato in figura. Per trasportarla s'inserivano due lunghi pali negli appositi anelli.
Quando Israele si accampava, al centro dell'accampamento veniva eretto il Tabernacolo, e nel Santo dei Santi era riposta l'Arca. La caratteristica più famosa dell'Arca era che sul suo coperchio superiore si trovavano due statue realizzate da un'unica fusione d'oro puro, rappresentanti una coppia d'angeli Cherubini. Il simbolismo dell'Arca è quanto mai ricco e vasto, e in questa sede cercheremo di metterne in luce gli aspetti principali. Vediamo com'era costruito nei dettagli. Era composto da due pezzi principali: un parallelepipedo inferiore e un coperchio che lo chiudeva. Si tratta della terra e del cielo.
Pur se in natura la forma della terra è sferica (come pure quella di tutti gli altri corpi celesti), e pur se il suo movimento è ellittico (il cerchio è un caso particolare dell'ellisse), secondo la tradizione cabalistica, la forma che meglio la rappresenta a livello spirituale è il cubo. In altri termini, si afferma che l'universo presente è dominato dalle forme sferiche, mentre quello futuro (i "cieli nuovi e la terra nuova") sarà sede soprattutto di forme cubiche. Questa trasformazione contiene il segreto del passaggio da un tempo circolare (che tende a ripetersi secondo il mito dell'Eterno Ritorno) ad un tempo rettilineo, che porta invece verso un traguardo completamente diverso dal punto di partenza. L'aver concepito la storia come una serie d'eventi che porta da uno stato meno perfetto ad uno via via sempre migliore è una delle innovazioni del pensiero ebraico, diventata poi parte integrante della cultura occidentale. Oggi la troviamo sia nel concetto laico e mondano di "progresso", che in quelli più sottili e raffinati di "evoluzione". Dal punto di vista simbolico ciò viene rappresentato trasformando lo spazio fisico da una forma sferica ad una forma cubica.
Quest'insegnamento ci viene riproposto anche dal Libro della Formazione, il più antico testo di Cabalà, che si occupa tra l'altro delle corrispondenze tra segni zodiacali, pianeti e lettere dell'alfabeto ebraico. In quel testo si parla di un "cubo dello spazio", i cui dodici lati sono i dodici segni zodiacali. Ma l'Arca dell'Alleanza non era cubica, bensì un parallelepipedo. Ciò significa che essa rappresentava i "nuovi Cieli" e la "nuova Terra" in via di formazione, mentre erano ancora in movimento, e non avevano ancora raggiunto uno stato di riposo.
Il parallelepipedo inferiore era formato (vedi figura) da tre distinte scatole. Le due esterne erano entrambe d'oro, mentre quella mediana era di legno d'acacia. Cosa significa ciò? Secondo La Cabalà., l'anima dei Maestri e degli Illuminati contiene due grandi categorie: avvolgente ed interna, ognuna delle quali è dotata di diversi gradi intermedi. Il contenitore dell'Arca rappresenta l'Anima avvolgente, le Tavole della Torà al suo interno costituiscono invece l'anima interiore. Si tenga presente che l'anima avvolgente è più rara e preziosa di quella interiore, in quanto questa è limitata, mentre la prima si estende all'infinito. I due recipienti d'oro costituiscono il primo e il secondo grado dell'anima avvolgente. Essi sono: Chaià e Yechidà, l'Anima Vivente e l'Anima della Perfetta Unione col Divino. Il legno che le separa fa da isolante elettrico, onde permettere a ciascuna delle due di costituire uno schermo separato. Infatti, uno degli scopi dell'"anima avvolgente" è quello di proteggere l'organismo da attacchi d'entità malvagie, pur presenti nella dimensione spirituale. In termini moderni potremmo comprendere questo particolare dell'Arca come una "doppia schermatura", in grado di isolarla completamente dai campi energetici negativi, e di captare solo quelli positivi. Infatti, il materiale usato era l'oro, che rappresenta il più alto stato della consapevolezza, quello che l'Alchimia chiama l'oro filosofico.
Tutto ciò riguarda il solo recipiente inferiore, la Terra. Invece il coperchio superiore simboleggia il cielo, che viene a completare la terra, a chiudere la sua apertura, a riempire i suoi bisogni. Il coperchio dell'Arca era fatto da un'unica piastra d'oro massiccio.
Questo suo essere costituito da un unico pezzo, mentre la parte inferiore era composta da tre pezzi distinti, allude all'insieme dello spazio-tempo. La fisica moderna ci insegna che viviamo in un insieme costituito da tre dimensioni spaziali (le coordinate di un determinato punto) e da un'unica dimensione temporale (il tempo in cui un certa realtà esiste). In tutto viviamo dunque in un insieme quadridimensionale. Secondo la sapienza esoterica esiste invece almeno una quinta dimensione, che nell'esempio dell'Arca era rappresentata dalle Tavole della Torà ivi contenute. Si tratta del livello della consapevolezza pura, la "quintessenza", così a lungo ricercata dagli alchimisti.
Del coperchio superiore dell'Arca facevano parte i Cherubini, anch'essi d'oro purissimo. Dice il versetto dell'Esodo (25, 18-21): "Farai due cherubini d'oro: li farai lavorati al martello sulle due estremità del coperchio. Fa' un cherubino ad una estremità e un cherubino all'altra estremità. Farete i cherubini tutti di un pezzo con il coperchio, alle sue due estremità. I due cherubini avranno le due ali stese di sopra, ricoprendola, e i loro volti saranno rivolti l'uno verso l'altro, e verso il coperchio. E porrai il coperchio sulla parte superiore dell'Arca, e collocherà nell'arca la testimonianza che ti darò."
La simbologia dei Cherubini è quanto mai vasta ed interessante. Secondo la tradizione ebraica essi avevano due volti infantili. Dai bambini dobbiamo imparare la purezza e la semplicità, la sincerità emotiva, la fiducia in coloro che sono più grandi di noi. In particolare, i volti dei cherubini erano l'uno maschile e l'altro femminile. Questo significa la conjuncto oppositorum, il matrimonio mistico, lo hyeros gamos.
Nel ricomporsi dell'unità primaria tra i poli opposti, tra il maschile e il femminile, si completa la copertura dell'Arca, si rinsalda la frattura che aveva causato la caduta dei mondi. E' grazie alle ali dei cherubini che si toccano al di sopra del coperchio, cioè alle loro componenti spirituali, che è possibile "volare", cioè esplorare i mondi superiori. Il matrimonio alchemico tra l'adepto e la soror mistica è il motore che fornisce energia al cocchio celeste, sul quale avviene il viaggio verso il Divino. Un'idea del genere è confermata da altri versetti dove vengono menzionati i cherubini, come: "e cavalcava il cherubino e volava" (Salmo 18,11). Tutto ciò sottolinea l'estrema importanza dell'equilibrare le varie componenti in ogni via d'evoluzione spirituale: il secco con l'umido, l'anima col corpo, l'emotivo con l'intellettuale, ecc.
Infine la forma dei due cherubini e delle loro ali che si toccavano ricorda quella di un portale. Si tratta della "porta del Signore, attraverso la quale entreranno i giusti", la cinquantesima porta dell'Intelligenza.
In genere l'Arca rappresenta il segreto di come una costruzione umana, se fatta seguendo dei criteri particolari, possa diventare la sede e il ricettacolo degno di contenere la rivelazione di uno stato superiore della consapevolezza, di forze angeliche o anche divine. I criteri di costruzione riguardano innanzitutto le dimensioni, che devono essere proporzionate in modo opportuno, seguendo formule antiche ed esoteriche. Ad esempio, il volume in "tefachim" (circa la lunghezza di un pugno chiuso), un'altra fondamentale misura dell'Antico Testamento, del recipiente centrale di legno era 756 tefachim cubi. Questo è il valore numerico della parola Sefirot, il nome delle dieci costituenti principali dell'Albero della Vita, il riferimento centrale delLa Cabalà.. Ciò indica come all'interno dell'Arca fosse contenuto un intero Albero della Vita. Riducendo 756 si ha 18, che è il numero della vita (Chai, Cheit-Yud). Riducendolo ulteriormente si ha 9, il numero della verità.
Inoltre i materiali coi quali viene eretta una particolare costruzione sacra hanno una loro importanza fondamentale. Provenendo dai tre regni inferiori: minerale (metalli e pietre preziose), vegetale (legno o tessuti) e animale (pelli o lana) i materiali rappresentano una sintesi di tutto il meglio che il mondo materiale può dare. Tramite l'opera ingegnosa dell'uomo, tramite la sua sapienza arcana, guidata dallo spirito divino, tutto ciò viene trasformato nel "trono" sul quale si asside un livello super-umano di sapienza e bontà. Si noti come la parola "Arca", che viene dall'indoeuropeo indicante "custodire", è alla radice di "arcano", cioè "esoterico, segreto". Ciò dimostra come la sapienza esoterica nel suo insieme sia l'Arca nella quale sono custoditi gli stessi "cervelli" Divini, cioè la Sapienza e l'Intelligenza, l'emisfero cerebrale destro e quello sinistro. Ecco perché le tavole della Torà riposte nell'Arca erano due, ad indicare la polarità fondamentale presente in ogni processo pensante.
Le costruzioni degli esseri umani non dovrebbero dunque avere una sola funzione pratica, ma dovrebbero esprimere dei principi superiori, se si vuole che il loro uso diventi un'occasione per la crescita della consapevolezza. Le abitazioni che sono state erette in modo particolare, secondo la sapienza "arcana", hanno un particolare effetto benefico su coloro che vi dimorano, un vero e proprio effetto salvifico.
Infatti nella Bibbia il primo e più antico prototipo d'ogni contenitore o costruzione sacra è stato l'Arca di Noè, grazie alla quale egli, la sua famiglia e gli animali, sopravvissero al cataclisma del diluvio universale. E si badi bene che non sarebbe bastata una qualunque barca o rifugio. Probabilmente la generazione in cui viveva Noè era in grado di costruire altri tipi d'imbarcazioni. Quella di Noè fu l'unica a sostenere la furia degli elementi scatenati poiché era stata costruita seguendo delle leggi non solo fisiche ma anche metafisiche. Si tratta di un insegnamento che dovremmo tutti tenere presente in un mondo come quello d'oggi, nel quale prevalgono soltanto le considerazioni materiali.
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martedì 24 dicembre 2013
IL NATALE del SOLE INVINCIBILE
IL SIGNIFICATO MAGICO DEL
SOLSTIZIO D’INVERNO
Il periodo Natalizio nasconde un significato arcano ai più, ma profondamente sentito
nell’antichità. Per gli iniziati è una porta, l’ingresso simbolico rappresentato dal Sostizio
d’Inverno, ad uno stadio superiore di consapevolezza. I solstizi, secondo una definizione
scientifica, sono i due momenti dell’anno in cui il sole raggiunge il punto più meridionale
o settentrionale della sua corsa apparente nel cielo, rispettivamente al tropico del
Capricorno e al tropico del Cancro. Solstitium etimologicamente sta ad indicare “ il sole
si ferma”, tant’è che nei giorni in cui esso si verifica (22-23-24 Dicembre nell' emisfero
Nord il Solstizio d’Inverno), il sole sembra fermarsi in cielo per poi invertire il proprio
moto, facendo raggiungere al buio della notte la sua massima estensione, e alla luce del
giorno la minima. Subito dopo tale data la luce del giorno torna lentamente ad
aumentare e ad estendersi, con la con-seguente riduzione della durata del buio, fino ad
arrivare al Solstizio d’estate (21-22-23 Giugno nell’emisfero Nord), in cui si avrà la
massima estensione del giorno e la minima per quanto concerne la notte.
Tale fenomeno, osservato e studiato sin dalle più antiche popolazioni, si caricava già da
allora di un significato “simbolico”: dalle loro osservazioni gli antichi evincevano che il
sole, benchè giunto in tale periodo nella sua fase “più debole” (era infatti meno
luminoso e brillante nei colori), tuttavia non sprofondava nelle tenebre ma diventava
con la sua vitalità “invincibile“ ( SOL INVICTUS ) , rinasceva ed aveva un nuovo
Natale , IL NATALE DEL SOLE INVINCIBILE. Correlato a ciò è il fatto per cui, sempre
nella antichità, il periodo in questione è legato, in forme diverse, alla spiritualità ed alla
religiosità. Le popolazioni celtiche infatti celebravano il periodo del Solstizio d’inverno
denominandolo Alban Artuan, “rinascita del Dio Sole“, ma anche “Luce di Artù“ ;
tramandano le fonti che il mitico re Artù fosse nato nel giorno del Solstizio d’inverno, e
tale figura leggendaria ben si associa al Re del Mondo Sovrano dello Spirito e del
Tempo, vertice del mondo terreno, simbolo di rincarnazione, portatore di benefici e
doni. Non meno importante è poi notare come, nella data del 25 Dicembre, diver-se
popolazioni fanno coincidere la nascita di altri esseri divini: nell’antico Egitto si
festeggiava la nascita del Dio Sole Bambino, Horus (ma si credeva che anche Osiride
fosse nato nello stesso periodo), in Messico quella di Quezalcotal, in Grecia quella di
Bacco, Zarathustra in Azerbaigian, Budda in Oriente, Krishna in India, in Persia il dio
Mithra detto il Salvatore, a Babilonia il Dio Tammuz.
Per quanto riguarda poi la tradizione latina, è l’Imperatore Aureliano, nel 274 dC, ad
introdurre per la prima volta la data del 25 Dicembre come festa ufficiale del Natale del
Sole ( Costantino poi, abbracciando la fede cristiana , trasformò nel 330 dC la festività
del Sol Invictus in Festa cristiana ), fermo restando il fatto per cui tali festeggiamenti si
innestavano e per questo trovavano ampio consenso nella tradizione più antica dei
Saturnalia, feste in onore del dio Saturno che si svolgevano dal 17 al 24 Dicembre.
Saturno ( il Cronos della mitologia greca ), il cui nome originario era Satus ( = semina ),
era il Dio dell’età dell’oro e, secondo la leggenda, era anche il re del Lazio prima della
fondazione di Roma.
I Saturnalia erano dunque feste molto sentite, in cui si ribaltavano
perfino i ruoli sociali, le attività umane cessavano e poteva avvenire che fosse uno schiavo il re per tutta la durata dei festeggiamenti, per poi venir sacrificato a Saturno
(narra però la leggenda che sia stato Ercole, passando per il Lazio, a convincere i
Romani a non sacrificare vite umane alla divinità ma ad offrirgli statue d’argilla e ceri,
nascendo così l’usanza di scambiarsi doni fra amici in tale periodo, piccoli oggetti
d’uso quotidiano, come descrive ad esempio Marziale nei suoi epigrammi ). Vi era
anche l’abitudine di giocare alla Tombola, il grande gioco di Saturno, in cui però
attraverso i numeri si era in grado di predire il futuro, venendo così ad acquistare il gioco
funzioni oracolari. Ulteriore festività romana sempre celebrata nel mese di Dicembre
era quella dedicata al dio Conso (Consualia) e corrispondente alla conclusione sacrale
del vecchio anno (il verbo condere in latino infatti può star anche ad indicare l’azione di
nascondere e\o di concludere). Collegato a tale divinità era l’antico dio latino Giano, dio
dalle due facce, dio del tempo e specialmente dell’ Anno, regolatore e coordinatore
dell’inizio dell’anno, da cui Ianuarius, il mese di Gennaio. Entrambe le divinità di cui
sopra,nella realtà religiosa romana, si riferiscono all’inizio e alla fine di un’azione,ma
anche ad eventi passati nel tempo che si ripetevano periodicamente,come appunto
l’eterno ritorno della luce a discapito delle tenebre. Il passaggio dalle tenebre alla luce
poi, letto in chiave iniziatica ed esoterica, è legato saldamente al tema del risveglio
interiore. Si passa infatti dallo stadio alchemico della Nigredo per raggiungere l’Oro
Filosofico : questo è l’inizio della fase “Solve et Coagula”, morte e rinascita, purificazione
ed elevazione. Ecco quindi che il Solstizio viene anche chiamato La Porta , un tempo
custodita da Giano Bifronte, il quale ha ceduto il posto, con l’avvento del Cristianesimo,
ai due Giovanni, il Battista al Solstizio estivo e l’Evangelista al Solstizio invernale, simbolo
di una contemporanea esistenza di due dimensioni ( pas-sato e futuro ). Durante i Solstizi
si congiungono, le porte sono aperte ed è permesso il varco: è il tempo della morte
simbolica dell’adepto che si avvicina al rito iniziatico. Dicono i Maestri: “ Io sono la
PORTA, da una entrano gli uomini,dall’altra escono gli dei “. Questa è la raffigurazione
simbolica del cammino iniziatico, sono le fasi alchemiche, il risveglio della terra che
prepariamo per il prossimo raccolto.
Autocontemplazione, morte simbolica e risveglio al nuovo stadio, magistralmente
espressa nella frase: Visita Interiora Terrae Rectificando Invenies Ocuitum Lapidem “. Il V.I.T.R.I.O.L. alchemico che ci dà la sintesi del processo: visita “l’interno della terra “, cioè la profondità del tuo essere, e purificando troverai la
Pietra Filosofale.
Nei tarocchi ciò che identifica tale rinascita di LUCE è la lama del Bagatto, che
simboleggia la vera essenza dell’uomo, la cui missione è conseguire l’unione tra spirito e
materia. Il Bagatto ha davanti a sè i simboli del potere materiale, è il personaggio che
intraprende il cammino di trasformazione, l’Opera Alchemica, lavorando con i tre principi (
Nigredo, Rubedo, Albedo simboleggiati dalle tre gambe del tavolo ) e i quattro elementi (
Aria, Acqua, Terra , Fuoco, simboleggiati dai 4 angoli del tavolo), grazie alla quale ogni
uomo è un metallo, che portato alla sua perfezione viene chiamato ORO. Il senso più alto
della carta è dato dal suo numero, che è l’uno e che indica il motore immobile, il
Principio di tutte le cose, anche se il suo cappello a forma di otto allungato simboleggia il
movimento d’elevazione spirituale che conduce alla quadratura del cerchio. In tal senso,
uscendo dalla Caverna Cosmica, con il Solstizio d’Inverno si passa dal nulla all’unità;
geometricamente cioè, dal dive-nire sensibile,rappresentato dal simbolo della
circonferenza, si passa all’eter-no presente, che nell’uno e nel centro si esplicita
perfettamente. Ecco il simbolismo tradizionale delle porte solstiziali, che corrispondono rispettivamente all’entrata e all’uscita dalla Caverna Cosmica: la prima porta, quella “degli
uomini”,corrisponde al Solstizio d’Estate, cioè all’entrata del Sole nel segno zodiacale
del Cancro, la seconda, quella “degli dei”, al Solstizio d’Inverno, cioè alla entrata del
Sole del segno del Capricorno.
Dal punto di vista iniziatico, la caverna, per via del suo
carattere di luogo nascosto e chiuso, rappresenta un momento di totale interiorizzazione
dell’essere, vale a dire il luogo dove avviene, accedendovi, la seconda nascita
dell’iniziato. La seconda nascita, corrispondente nel significato ai Piccoli Misteri, si
differenzia dalla terza nascita, in uscita dalla porta solstiziale d’inverno, corrispondente,
invece, ai Grandi Misteri. La seconda nascita si realizza sul piano psichico, definendosi
come rigenerazione psichica. La terza nascita invece opera direttamente nell’ordine
spirituale e non più psichico, in quanto l’iniziato deve a quel punto aver risolto la sua
individualità, trovando così libero accesso alla sfera di possibilità della comprensione
sovraindividuale.
Qui l’iniziato rivive le tre tappe del processo alchemico: le tenebre si infittiscono, l’alba s’imbianca, la fiamma risplende. In prospettiva macrocosmica, tutto ciò è simboleggiato dall’ingresso del sole nel segno del Cancro, col Solstizio d’Estate. Il Solstizio d’Inverno corrisponde invece, in senso microcosmico, alla presa di coscienza della vera spiritualità, in quanto uscita alla luce. Durante questo processo la comprensione esoterica può essere visualizzata come un’illuminazione riflessa che rischiara il buio della caverna: un fascio di luce che penetra da un’apertura nel tetto della caverna e che genera quell’illuminazione di riflesso, descritta anche dal mito della caverna sacra di Platone e la cui fonte è il “Sole Intellegibile”. Si può concludere col ricordare come tale rigenerazione cosmica non possa prescindere dalla discesa e dall’aiuto di un avatara, di cui il Cristo Redentore è l’ultimo e più splendente esempio:
Qui l’iniziato rivive le tre tappe del processo alchemico: le tenebre si infittiscono, l’alba s’imbianca, la fiamma risplende. In prospettiva macrocosmica, tutto ciò è simboleggiato dall’ingresso del sole nel segno del Cancro, col Solstizio d’Estate. Il Solstizio d’Inverno corrisponde invece, in senso microcosmico, alla presa di coscienza della vera spiritualità, in quanto uscita alla luce. Durante questo processo la comprensione esoterica può essere visualizzata come un’illuminazione riflessa che rischiara il buio della caverna: un fascio di luce che penetra da un’apertura nel tetto della caverna e che genera quell’illuminazione di riflesso, descritta anche dal mito della caverna sacra di Platone e la cui fonte è il “Sole Intellegibile”. Si può concludere col ricordare come tale rigenerazione cosmica non possa prescindere dalla discesa e dall’aiuto di un avatara, di cui il Cristo Redentore è l’ultimo e più splendente esempio:
“ Il Sole ritorna sempre, e con lui la vita.
Soffia sulla brace ed il fuoco rinascerà”.
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giovedì 5 dicembre 2013
Le radici "Pagane" del Natale
Del sole
Per inspiegabile che sembri, la data di nascita di Cristo non è nota. I vangeli non ne indicano né il giorno né l’anno […] fu assegnata la data del solstizio d’inverno perché in quel giorno in cui il sole comincia il suo ritorno nei cieli boreali, i pagani che adoravano Mitra celebravano il Dies Natalis Solis Invicti (giorno della nascita del Sole invincibile).
- Nuova enciclopedia cattolica dell’Ordine Francescano (1941) -
Nel corso della ricerca di informazioni e documenti riguardanti le origini pagane del Natale, quello che stupisce è che la data del 25 dicembre, prima di diventare celebre come “compleanno di Gesù”, sia stata giorno di festa per i popoli di culture e religioni molto distanti tra loro, nel tempo e nello spazio.
Le origini di questi antichi culti vanno ricercate in ciò che è “principio” della vita sulla terra e che “dal principio” è stato oggetto di culto e di venerazione: il sole.
Agli albori dell’umanità, esisteva un ricco calendario di feste annuali e stagionali e di riti di propiziazione e rinnovamento.
I popoli nel periodo primitivo della loro esistenza erano intimamente legati al “ciclo della natura” poiché da questo dipendeva la loro stessa sopravvivenza. Al tempo, la vita naturale appariva indecifrabile, incombente, potente espressione di forze da accattivarsi; era un mondo magico. L’uomo antico si sentiva parte di quella natura, ma in posizione di debolezza. Per questo, attraverso il rito, cercava di “fare amicizia” con questa o quella forza insita in essa.
Al centro di questo ciclo c’era l’astro che scandiva il ritmo della giornata, la “stella del mattino” che determinava i ritmi della fruttificazione e che condizionava tutta la vita dell’uomo.
Per quest’ultimo, temere che il sole non sorgesse più, vederlo perdere forza d’inverno riducendo sempre più il suo corso nel cielo, era un’esperienza tragica che minacciava la sua stessa vita. Perciò, doveva essere esorcizzata con riti che avessero lo scopo di evitare che il sole non si innalzasse più o di aiutarlo nel momento di minor forza.
È proprio partendo da questa considerazione che possiamo individuare le origini dei rituali e delle feste collegate al solstizio d’inverno.
Durante queste feste venivano accesi dei fuochi (usanza che si ritrova nella tradizione natalizia di bruciare il ceppo nel camino la notte della vigilia) che, con il loro calore e la loro luce, avevano la funzione di ridare forza al sole indebolito.
Spesso questi rituali avevano a che fare con la fertilità ed erano quindi legati alla riproduzione. Da qui l’usanza, nelle antiche celebrazioni, di danze e cerimoniali propiziatori dell’abbondanza e in alcuni casi, come negli antichi riti celtici e germanici, ma anche romani e greci, di accoppiamento durante le feste.
Del solstizio d’inverno
Il termine solstizio viene dal latino solstitium, che significa letteralmente “sole fermo” (da sol, “sole”, e sistere, “stare fermo”).
Se ci troviamo nell’emisfero nord della terra, nei giorni che vanno dal 22 al 24 dicembre possiamo infatti osservare come il sole sembra fermarsi in cielo, fenomeno tanto più evidente quanto più ci si avvicina all’equatore. In termini astronomici, in quel periodo il sole inverte il proprio moto nel senso della “declinazione”, cioè raggiunge il punto di massima distanza dal piano equatoriale. Il buio della notte raggiunge la massima estensione e la luce del giorno la minima. Si verificano cioè la notte più lunga e il giorno più corto dell’anno.
Subito dopo il solstizio, la luce del giorno torna gradatamente ad aumentare e il buio della notte a ridursi fino al solstizio d’estate, in giugno, quando avremo il giorno più lungo dell’anno e la notte più corta. Il giorno del solstizio cade generalmente il 21, ma per l’inversione apparente del moto solare diventa visibile il terzo/quarto giorno successivo. Il sole, quindi, nel solstizio d’inverno giunge nella sua fase più debole quanto a luce e calore, pare precipitare nell’oscurità, ma poi ritorna vitale e “invincibile” sulle stesse tenebre. E proprio il 25 dicembre sembra rinascere, ha cioè un nuovo “Natale”.
Questa interpretazione “astronomica” può spiegare perché il 25 dicembre sia una data celebrativa presente in culture e paesi così distanti tra loro. Tutto parte da una osservazione attenta del comportamento dei pianeti e del sole, e gli antichi, pare strano, conoscevano bene gli strumenti che permettevano loro di osservare e descrivere movimenti e comportamenti degli astri.
Per fare un esempio, a Maeshowe (Orkneys, Scozia) si erge un tumulo datato (con il metodo del carbone radioattivo) 2750 a.C. All’interno del tumulo c’è una struttura di pietra con un lungo ingresso a forma di tunnel. Questa costruzione è allineata in modo che la luce del sole possa scorrere attraverso il passaggio e splendere all’interno del megalite, illuminando in questo modo il retro della struttura. Questo accade al sorgere del sole e al solstizio d’inverno.
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venerdì 29 novembre 2013
Lo Schiavo " Moderno "
“Il mio ottimismo si basa sulla certezza che questa civiltà sta per crollare. Il mio pessimismo su tutto quello che fa per trascinarci nel suo vortice”.
La servitù volontaria
“Che epoca terribile quella in cui degli idioti governano dei ciechi”. William Shakespeare
La servitù moderna è una servitù volontaria, consentita dalla massa degli schiavi che
strisciano sulla superficie terrestre. Comprano liberamente tutti i prodotti che li asservono
ogni giorno di più. Si aggrappano spontaneamente ad un lavoro sempre più alienante,
generosamente concesso soltanto se “fanno i bravi”. Scelgono loro stessi i padroni che
dovranno servire. Perché questa assurda tragedia sia potuta accadere, prima di tutto è stato
necessario sottrarre ai membri di questa classe ogni consapevolezza del proprio sfruttamento
e della propria alienazione.
Questa è la strana modernità della nostra epoca. Contrariamente agli schiavi
dell’antichità, ai servi del Medioevo o agli operai delle prime rivoluzioni industriali, oggi
siamo di fronte ad una classe totalmente asservita ma che non sa di esserlo, anzi, che non
vuole saperlo.
Ignorano quindi la ribellione, che dovrebbe essere l’unica reazione legittima degli
oppressi. Accettano senza fiatare la vita pietosa che è stata decisa per loro. La rinuncia e la
rassegnazione sono le cause della loro disgrazia.
Questo è il brutto sogno degli schiavi moderni che non chiedono, in definitiva, che di
lasciarsi andare nella danza macabra del sistema dell’alienazione.
L’oppressione si modernizza estendendo ovunque forme di mistificazione che
consentono di occultare la nostra condizione di schiavi.
Mostrare la realtà così com’è veramente, e non come viene presentata dal potere,
costituisce la sovversione più autentica. Solo la verità è rivoluzionaria.
La pianificazione del territorio e l’ambiente
“L’urbanistica è la presa di possesso dell’ambiente naturale e umano da parte del
capitalismo che, sviluppandosi logicamente come dominazione assoluta, può e deve ora
rifare la totalità dello spazio a propria immagine”. La Società dello Spettacolo, Guy Debord.
Man mano che costruiscono il loro mondo con la forza del loro lavoro alienato,
l’ambiente circostante diventa la prigione nella quale devono vivere. Un mondo squallido,
senza odore né sapore, un mondo che porta in sé la miseria del modo di produzione
dominante.
Questo scenario è in perpetua costruzione. Niente è stabile. Il rifacimento permanente
dello spazio circostante trova la propria giustificazione nell’amnesia generalizzata e
nell’insicurezza nelle quali devono vivere gli abitanti. Si tratta di rifare tutto ad immagine del
sistema: il mondo diventa sempre più sporco e rumoroso, come una fabbrica.
Ogni frammento di questo mondo è proprietà di uno Stato o di un privato. Questo furto
sociale che è l’appropriazione esclusiva del suolo si materializza nell’onnipresenza dei muri,
delle sbarre, delle recinzioni, dei cancelli e delle frontiere... sono il segno tangibile di questa
separazione che invade tutto.
Ma parallelamente, l’unificazione dello spazio secondo gli interessi della cultura
mercantile è il grande obiettivo di questa triste epoca. Il mondo deve diventare un’immensa
autostrada, razionalizzata all’estremo, per facilitare il trasporto delle merci. Ogni ostacolo,
naturale o umano, deve essere rimosso.
Gli insediamenti nei quali si ammucchia questa massa servile somigliano alla loro
vita: sembrano delle gabbie, delle prigioni, delle caverne. Ma contrariamente agli schiavi o ai
prigionieri, gli oppressi moderni devono pagare la loro gabbia.
“Perché non è l’uomo ma il mondo che è diventato anormale”. Antonin Artaud
La merce
“Una merce sembra a prima vista qualcosa di triviale e che si risolve in se stessa. La nostra
analisi ha dimostrato invece che è una cosa molto complessa, piena di sottigliezze
metafisiche e di arguzie teologiche”.
Il Capitale, Karl Marx
“A che serve ad un uomo di possedere tutto se perde la sua anima”. Marco 8;36
propria vita chi la consuma. Nel sistema economico dominante, non è più la domanda a
condizionare l’offerta ma è l’offerta che determina la domanda. È così che nuovi bisogni
sono creati periodicamente e vengono rapidamente considerati vitali dall’immensa
maggioranza della popolazione: così per la radio, poi la macchina, la televisione, il computer
e ora il telefonino.
Tutte queste merci, distribuite in massa in un lasso di tempo molto limitato,
modificano profondamente le relazioni umane: servono, da una parte, a isolare un po’ di più
gli uomini dai loro simili, e dall’altra, a diffondere i messaggi dominanti del sistema. Gli
oggetti che possediamo finiscono per possederci.
L’alimentazione
“Quel che è un nutrimento per uno è un veleno per l’altro”. Paracelso
Ma è proprio quando si alimenta che lo schiavo moderno illustra al meglio lo stato di
decadenza nel quale si trova. Avendo a disposizione un tempo sempre più limitato per
preparare il cibo che ingurgita, è ridotto a consumare alla svelta quello che produce
l’industria agro-chimica.
Vaga nei supermercati alla ricerca dei surrogati che la società della falsa abbondanza
gli concede. Anche in questo caso, ha solo l’illusione della scelta. L’abbondanza dei prodotti
alimentari nasconde in realtà il loro degrado e falsificazione. Si tratta notoriamente di
organismi geneticamente modificati, di un miscuglio di coloranti e conservanti, di pesticidi,
di ormoni e altre invenzioni della modernità.
Il piacere immediato è la regola del modo di alimentazione dominante, così com’è la
regola di tutte le forme di consumo. E le conseguenze si vedono e illustrano questo modo di
alimentarsi.
Ma è di fronte all’indigenza dei più che l’uomo occidentale si rallegra della sua
posizione e del suo consumo frenetico. Eppure, la miseria è ovunque laddove regna la società
totalitaria mercantile.
La scarsità è il rovescio della medaglia della falsa abbondanza. E in un sistema che
erige la disuguaglianza a criterio di progresso, anche se la produzione agro-chimica è
sufficiente per nutrire la totalità della popolazione mondiale, la fame non dovrà mai
scomparire.
“Si sono convinti che l’uomo, specie peccatrice per eccellenza, domini la creazione. Tutte le
altre creature non sarebbero state create che per procurargli del cibo, delle pellicce, per
essere martoriate, sterminate”. Isaac Bashevis Singer
L’altra conseguenza della falsa abbondanza alimentare è la generalizzazione delle
fabbriche concentrazionarie e lo sterminio massiccio e barbaro delle specie che servono a
nutrire gli schiavi. Qui sta l’essenza stessa del modo di produzione dominante. La vita e
l’umanità non resistono di fronte alla sete di profitto di pochi.
La devastazione dell’ambiente
“È triste pensare che la natura parli e che il genere umano non la ascolti”. Victor Hugo
Il saccheggio delle risorse del pianeta, l’abbondante produzione di energia e merci, gli
scarti e altri rifiuti del consumo ostentato ipotecano gravemente le possibilità di
sopravvivenza della terra e delle specie che la popolano. Ma per lasciar libero corso al
capitalismo selvaggio, la crescita non deve fermarsi mai. Bisogna produrre, produrre e
riprodurre ancora.
È sono proprio quelli che inquinano che si presentano oggi come i salvatori potenziali
del pianeta. Questi imbecilli dello spettacolo, sponsorizzati dalle multinazionali, cercano di
convincerci che un semplice cambiamento delle nostre abitudini di vita basterebbe a salvare il
pianeta dal disastro. E mentre ci colpevolizzano, continuano senza tregua ad inquinare
l’ambiente e la nostra mente. Queste povere tesi pseudo-ecologiche sono riprese all’unisono
da tutti i politici corrotti a corto di slogan pubblicitario. Ma si guardano bene dal proporre un
cambiamento radicale nel sistema di produzione. Si tratta, come sempre, di cambiare qualche dettaglio perché tutto rimanga come prima.
Il lavoro
Lavoro, dal latino Tri Palium, tre pali, strumento di tortura.
Ma per salire sulla giostra del consumo frenetico, servono soldi e per avere soldi
bisogna lavorare, cioè vendersi.
Il sistema dominante ha fatto del lavoro il suo principale valore. E gli schiavi devono
lavorare sempre di più per pagare a credito la loro vita miserabile. Si sfiancano al lavoro,
perdono la maggior parte della loro forza vitale e subiscono le peggiori umiliazioni. Dedicano
tutta la vita ad un’attività faticosa e noiosa per il profitto di pochi.
L’invenzione della disoccupazione moderna è lì per spaventarli e farli ringraziare la
generosità del potere. Che cosa farebbero senza la tortura del lavoro? E sono queste attività
alienanti che sono presentate come una liberazione. Che decadenza e che miseria!
Sempre pressati dal cronometro o dalla frusta, ogni gesto degli schiavi è calcolato per
aumentare la produttività. L’organizzazione scientifica del lavoro costituisce l’essenza stessa
dell’espropriazione dei lavoratori sia dal frutto del proprio lavoro sia dal tempo che dedicano
alla produzione automatizzata di merce e servizi.
Il ruolo del lavoratore si confonde con quello della macchina nelle fabbriche, con
quello del computer negli uffici. Il tempo retribuito non torna più.
Così, ogni lavoratore è assegnato ad un compito ripetitivo, intellettuale o fisico che
sia. Egli è specialista nel proprio campo di produzione. Questa specializzazione si riscontra
su scala planetaria nel quadro della divisione internazionale del lavoro. Si concepisce in
occidente, si produce in Asia e si muore in Africa.
La colonizzazione di tutti i settori della vita
“È l’uomo in sé che è condizionato al comportamento produttivo attraverso
l’organizzazione del lavoro, e fuori dalla fabbrica tiene la stessa pelle e la stessa testa”.
Christophe Dejours
Lo schiavo moderno avrebbe potuto accontentarsi della propria servitù al lavoro, ma
nella misura in cui il sistema di produzione colonizza tutti i settori della vita, il dominato
perde il proprio tempo nelle distrazioni, nei divertimenti e nelle vacanze organizzate. Nessun
momento del suo quotidiano sfugge alla morsa del sistema. Ogni attimo della sua vita è stato
sequestrato. È uno schiavo a tempo pieno.
La medicina mercantile
“La medicina fa morire più a lungo”. Plutarco
Il degrado generalizzato del suo ambiente, dell’aria che respira e del cibo che
consuma; lo stress delle sue condizioni lavorative e dell’insieme della sua vita sociale sono
all’origine delle nuove malattie dello schiavo moderno. È malato della sua condizione servile
e nessuna medicina potrà mai curarlo da questo male. Soltanto la liberazione più completa
dalla condizione nella quale si trova prigioniero può liberare lo schiavo moderno dalle
proprie sofferenze.
La medicina occidentale conosce un solo rimedio di fronte ai mali di cui soffrono gli
schiavi moderni: la mutilazione. È con la chirurgia, gli antibiotici o la chemioterapia che sono
trattati i pazienti della medicina mercantile. Ci si accanisce contro le conseguenze del male
senza mai cercarne la causa. Le ragioni di questo accanimento sono ovvie: cercare la vera
causa ci condurrebbe inevitabilmente a condannare senza appello l’organizzazione sociale nel
suo complesso.
Così come ha trasformato in semplice merce ogni dettaglio del nostro mondo, il
sistema attuale ha fatto del nostro corpo una merce, un oggetto di studio e sperimentazione
consegnato agli apprendisti-stregoni della medicina mercantile e della biologia molecolare. E
i padroni del mondo sono già pronti a brevettare la vita.
Il sequenziamento completo del DNA del genoma umano è il punto di partenza di una
nuova strategia messa in atto dal potere. La decodificazione genetica non ha altro scopo che
amplificare considerevolmente le forme di dominazione e di controllo.
Anche il nostro corpo, come tante altre cose, ci è sfuggito.
L’obbedienza come seconda natura
“A forza di obbedire si sviluppano riflessi di sottomissione”. Egix di Caro
Il meglio della vita gli sfugge, ma lui continua perché è abituato ad obbedire da
sempre. L’obbedienza è diventata una seconda natura.
Obbedisce senza sapere il perché, semplicemente perché sa di dover obbedire.
Obbedire, produrre e consumare, questo è il trittico che domina la sua vita. Obbedisce ai
genitori, ai professori, ai datori di lavoro, ai padroni di casa, ai mercanti. Obbedisce alla legge
e alle forze dell’ordine. Obbedisce a tutti i poteri perché non sa fare altro. La disobbedienza
lo spaventa più di ogni altra cosa perché la disobbedienza significa rischio, avventura,
cambiamento. Così come il bambino si spaventa quando perde di vista i genitori, lo schiavo
moderno si sente smarrito senza il potere che lo ha creato. Quindi continua ad obbedire.
È la paura che ha fatto di noi degli schiavi e che ci mantiene in questa condizione. È
per paura che ci inchiniamo davanti ai padroni del mondo e accettiamo questa vita di
umiliazione e di miseria.
Abbiamo però la forza numerica in confronto alla minoranza che governa. La forza
non la traggono dalla loro polizia ma proprio dal nostro consenso.
Giustifichiamo la nostra vigliaccheria davanti al legittimo scontro con le forze che ci
opprimono con un discorso pieno di umanesimo moralizzatore. Il rifiuto della violenza
rivoluzionaria è ancorato nelle menti di quelli che si oppongono al sistema nel nome di valori
che questo sistema stesso ci ha insegnato.
Il potere invece non esita mai a ricorrere alla violenza quando si tratta di conservare la
propria egemonia.
La repressione e la sorveglianza
“Sotto un governo che imprigiona ingiustamente, anche il posto dell’uomo giusto è in
prigione”.
La disobbedienza civile, Henry David Thoreau
Tuttavia, ci sono ancora individui che sfuggono al controllo delle coscienze. Ma sono
sotto sorveglianza. Ogni forma di ribellione o di resistenza è di fatto assimilata ad un’attività
deviante o terrorista. La libertà esiste soltanto per coloro che difendono gli imperativi
mercantili. L’opposizione reale al sistema dominante è ormai totalmente clandestina. Per
questi oppositori, la repressione è la regola in uso. E di fronte a questa repressione, il silenzio
della maggioranza degli schiavi trova la propria giustificazione nell’aspirazione mediatica e
politica a negare il conflitto che esiste nella società reale.
Il denaro
“E quello che una volta si faceva per l’amore di Dio, ora si fa per l’amore del denaro, vale
a dire per l’amore di quello che oggi dona il senso di potere più elevato e la coscienza
tranquilla”.
Nietzsche
Come tutti gli esseri oppressi della Storia, lo schiavo moderno ha bisogno della sua
mistica e del suo dio per anestetizzare il male che lo tormenta e la sofferenza che lo opprime.
Ma questo nuovo dio, al quale ha consegnato l’anima, non è altro che il Nulla. Un pezzo di
carta, un numero che ha significato soltanto perché tutti hanno deciso di conferirgliene.
È per questo nuovo dio che studia, lavora, si batte e si vende. È per questo nuovo dio
che ha abbandonato ogni valore ed è pronto a fare qualsiasi cosa. Crede che possedendo molti
soldi si libererà dagli obblighi di cui è prigioniero. Come se il possesso andasse di pari passi
con la libertà. La liberazione è un’ascesi che deriva dal controllo di sé. È un desiderio e una
volontà in atto. Sta nell’essere, non nell’avere.
Ma allo stesso tempo bisogna essere risoluti a non servire più, a non obbedire più.
Bisogna essere capaci di rompere con un’abitudine che nessuno, sembra, osa mettere in
discussione.
Nessuna alternativa all’organizzazione sociale dominante
Invece lo schiavo moderno è convinto che non c’è alternativa all’organizzazione del
mondo attuale. Si è rassegnato a questa vita perché pensa di non poterne avere una diversa.
Proprio qui sta la forza della dominazione presente: alimentare l’illusione che questo sistema,
che ha colonizzato l’intero pianeta, è la fine della Storia. Ha fatto credere alla classe dominata
che adattarsi alla sua ideologia significa adattarsi al mondo così com’è e com’è sempre stato.
Sognare un altro mondo è diventato un crimine condannato all’unanimità da tutti i media e da
tutti i poteri. Il criminale in realtà è chi contribuisce, consapevolmente o no, alla demenza
dell’organizzazione sociale dominante. Non c’è follia più grande di quella del sistema attuale.
L’immagine
“Se no, sappi o Re, che noi non serviremo i tuoi dèi e non adoreremo la statua d’oro che tu
hai eretto”. Vecchio Testamento, Daniele 3:18
Davanti alla desolazione del mondo reale, si tratta, per il sistema, di colonizzare
l’insieme della coscienza degli schiavi. È così che nel sistema dominante, le forze di
repressione sono precedute dalla dissuasione che, sin dalla prima infanzia, compie la sua
opera di formazione degli schiavi.
Devono dimenticare la loro condizione servile, la loro prigione e la loro vita misera.
Basta vedere la folla ipnotica connessa davanti a tutti i monitor che accompagnano la loro
vita quotidiana. Ingannano la loro insoddisfazione permanente nel riflesso manipolato di una
vita sognata, fatta di denaro, di gloria e di avventura. Ma i loro sogni sono tutti penosi, quanto
la loro vita miserabile.
Esistono immagini ovunque e per tutti. Portano in sé il messaggio ideologico della
società moderna e servono da strumento di unificazione e di propaganda. Crescono man
mano che l’uomo viene espropriato dal proprio mondo e dalla propria vita. I bambini sono il
primo bersaglio di queste immagini perché si tratta di soffocare la libertà nella culla.
Bisogna abbruttirli e sradicare ogni forma di riflessione e di senso critico. Questo
accade ovviamente con la complicità sconcertante dei genitori, che non provano neanche più
a resistere alla forza d’urto cumulata di tutti i mezzi moderni di comunicazione. Comprano
loro stessi tutte le merci utili all’asservimento dei propri figli. Si dissociano dalla loro
educazione e la consegnano al sistema dell’abbrutimento e della mediocrità.
I divertimenti
Questi poveri uomini si divertono, ma il divertimento serve soltanto a distrarli dal
vero male che li soffoca. Hanno acconsentito che la loro vita fosse priva di ogni significato e
fingono di esserne fieri. Provano ad ostentare la loro soddisfazione ma nessuno si lascia
ingannare. Non riescono nemmeno più ad ingannare loro stessi quando si ritrovano davanti al
riflesso impietoso dello specchio. Così perdono il loro tempo davanti ad imbecilli assennati a
farli ridere o cantare, sognare o piangere.
Si mimano, attraverso lo sport mediatizzato, i successi e gli insuccessi, le forze e le
vittorie che gli schiavi moderni hanno smesso di vivere nel proprio quotidiano. La loro
insoddisfazione li incita a vivere per delega davanti al televisore. Mentre gli imperatori della
Roma antica compravano la sottomissione del popolo con il pane e i giochi del circo, oggi è
con i divertimenti e il consumo del vuoto che viene comprato il silenzio degli schiavi.
Il linguaggio
La dominazione sulle coscienze passa principalmente attraverso l’utilizzo viziato del
linguaggio della classe economicamente e socialmente dominante. Con il monopolio dei
mezzi di comunicazione, il potere diffonde l’ideologia mercantile attraverso la definizione
rigida, parziale e faziosa, che dà alle parole.
Le parole sono presentate come neutre e come se la loro definizione andasse da sé.
Ma sotto il controllo del potere, il linguaggio indica sempre una cosa diversa dalla vita reale.
È innanzitutto un linguaggio della rassegnazione e dell’impotenza, il linguaggio
dell’accettazione passiva delle cose così come sono e come devono rimanere. Le parole
lavorano per conto dell’organizzazione dominante della vita e il solo fatto di utilizzare il
linguaggio del potere ci condanna all’impotenza.
Il problema del linguaggio è al centro della lotta per l’emancipazione umana. Non è
una forma di dominazione che si aggiunge alle altre, è il cuore stesso del progetto di
asservimento del sistema totalitario mercantile.
È con la riappropriazione del linguaggio e quindi della comunicazione reale tra le
persone che emerge nuovamente la possibilità di un cambiamento radicale. È così che il
progetto rivoluzionario si congiunge con il progetto poetico. Nell’effervescenza popolare, la
parola è presa e reinventata da gruppi numerosi. La spontaneità creatrice s’impadronisce di
ognuno e ci unisce tutti.
L’illusione del voto e della democrazia parlamentare
Tuttavia, gli schiavi moderni si sentono pur sempre cittadini. Credono di votare e
decidere liberamente chi condurrà i loro affari. Come se potessero ancora scegliere. Ne hanno
soltanto l’illusione. Pensate che ci sia ancora una differenza fondamentale per quanto
riguarda il tipo di società nella quale vogliamo vivere tra la destra e i socialisti in Francia, tra
i democratici e i repubblicani negli Stati Uniti, tra i laburisti e i conservatori nel Regno
Unito? Non esiste opposizione perché i partiti politici dominanti sono d’accordo
sull’essenziale e cioè sul mantenimento della società mercantile. Non esistono partiti politici
che rimettono in discussione il dogma del mercato in grado di accedere al potere.
E con la complicità mediatica, questi partiti monopolizzano l’apparenza. Bisticciano
su dei particolari purché tutto rimanga come prima. Litigano per sapere chi occuperà i posti
offerti dal parlamentarismo mercantile.
Questi patetici battibecchi sono ripresi dai media per occultare un vero dibattito sulla
scelta di società nella quale vogliamo vivere. L’apparenza e la futilità dominano sulla
profondità del conflitto delle idee. Tutto questo non somiglia in nessun modo ad una
democrazia.
La democrazia reale si definisce prima di tutto con la partecipazione massiccia dei
cittadini alla gestione degli affari della città. È diretta e partecipativa. La sua espressione più
autentica è l’assemblea popolare e il dialogo permanente sull’organizzazione della vita in
comune. La forma rappresentativa e parlamentare che usurpa il nome di democrazia limita il
potere dei cittadini al solo diritto di voto, vale a dire al Nulla, tant’è vero che la scelta tra il
grigio chiaro e il grigio scuro non è una scelta reale. La stragrande maggioranza dei seggi parlamentari sono occupati dalla classe economica dominante, che sia di destra o della
cosiddetta sinistra social-democratica.
Il potere non è da conquistare, è da distruggere. È dispotico per natura, che sia
esercitato da un re, un dittatore o un presidente eletto. L’unica differenza nel caso della
“democrazia” parlamentare, è che gli schiavi hanno l’illusione di scegliere liberamente il
padrone che dovranno servire. Il voto ha fatto di loro i complici della tirannia che li opprime.
Non sono schiavi perché esistono padroni, ma esistono padroni perché hanno scelto di
rimanere schiavi.
Il sistema totalitario mercantile
“La natura non ha creato né padroni né schiavi,
non voglio né consegnare né ricevere leggi”.
Denis Diderot
Il sistema dominante si definisce quindi con l’onnipresenza della sua ideologia
mercantile. Occupa tutto lo spazio e tutti i settori della vita.
Non dice altro che: “Producete, vendete, consumate, accumulate!”. Ha ridotto
l’insieme dei rapporti umani a rapporti commerciali e considera il nostro pianeta una
semplice merce. Il dovere che ci impone è il lavoro servile. L’unico diritto che riconosce è la
proprietà privata. L’unico dio che ostenta è il denaro.
Il monopolio dell’apparenza è totale. Si vedono e si sentono soltanto uomini e
discorsi favorevoli all’ideologia dominante. La critica a questo mondo è affogata nell’onda
mediatica che decide ciò che è bene e ciò che è male, ciò che si può vedere e ciò che non si
può vedere.
Onnipresenza dell’ideologia, culto del denaro, monopolio dell’apparenza, partito
unico sotto le spoglie del pluralismo parlamentare, assenza di un’opposizione visibile,
repressione in ogni forma, volontà di trasformare l’uomo e il mondo. Questa è la vera faccia
del totalitarismo moderno chiamato “democrazia liberale” ma che bisogna chiamare ora con
il suo vero nome: il sistema totalitario mercantile.
L’uomo, la società e tutto il pianeta sono al servizio di questa ideologia. Il sistema
totalitario mercantile è quindi riuscito a compiere ciò che nessun totalitarismo era riuscito a
fare prima: unificare il mondo a sua immagine. Oggi non c’è più esilio possibile.
Prospettive
Man mano che la repressione si estende a tutti i settori della vita, la ribellione prende il volto
di una guerra sociale. Le sommosse rinascono e annunciano la rivoluzione che verrà.
La distruzione della società totalitaria mercantile non è questione di opinione. È una
necessità assoluta in un mondo che sappiamo condannato. Il potere è ovunque, ovunque e in
ogni momento va combattuto.
La reinvenzione del linguaggio, lo sconvolgimento permanente della vita quotidiana, la
disobbedienza e la resistenza sono le parole chiave di questa ribellione contro l’ordine
stabilito. Ma per fare in modo che da questa rivolta nasca una rivoluzione, bisogna radunare
le soggettività in un fronte comune.
Bisogna adoperarsi per unire tutte le forze rivoluzionarie. Questo si può fare soltanto
partendo dalla consapevolezza degli insuccessi passati: né il riformismo sterile, né la
burocrazia totalitaria può essere una soluzione alla nostra insoddisfazione. Si tratta di
inventare nuove forme di organizzazione e di lotta.
L’autogestione nelle imprese e la democrazia diretta a livello comunale sono le basi di
questa nuova organizzazione anti-gerarchica nella forma e nel contenuto.
Il potere non è da conquistare, è da distruggere.
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