mercoledì 25 dicembre 2013
L'ARCA DELL'ALLEANZA
L'Arca dell'Alleanza era il recipiente nel quale Israele aveva riposto le Tavole della Torà, dopo averle ricevute sul monte del Sinai. Su di loro erano incisi i Dieci Comandamenti. L'Arca fu trasportata per tutti i 40 anni di viaggio nel deserto, e accompagnò Israele durante i lunghi anni di conquista della Terra Promessa, fino a venire posta nel Tempio costruito dal Re Salomone. Si trattava di una cassa lunga due cubiti e mezzo (ogni cubito è circa mezzo metro), larga un cubito e mezzo, e alta un cubito e mezzo, come mostrato in figura. Per trasportarla s'inserivano due lunghi pali negli appositi anelli.
Quando Israele si accampava, al centro dell'accampamento veniva eretto il Tabernacolo, e nel Santo dei Santi era riposta l'Arca. La caratteristica più famosa dell'Arca era che sul suo coperchio superiore si trovavano due statue realizzate da un'unica fusione d'oro puro, rappresentanti una coppia d'angeli Cherubini. Il simbolismo dell'Arca è quanto mai ricco e vasto, e in questa sede cercheremo di metterne in luce gli aspetti principali. Vediamo com'era costruito nei dettagli. Era composto da due pezzi principali: un parallelepipedo inferiore e un coperchio che lo chiudeva. Si tratta della terra e del cielo.
Pur se in natura la forma della terra è sferica (come pure quella di tutti gli altri corpi celesti), e pur se il suo movimento è ellittico (il cerchio è un caso particolare dell'ellisse), secondo la tradizione cabalistica, la forma che meglio la rappresenta a livello spirituale è il cubo. In altri termini, si afferma che l'universo presente è dominato dalle forme sferiche, mentre quello futuro (i "cieli nuovi e la terra nuova") sarà sede soprattutto di forme cubiche. Questa trasformazione contiene il segreto del passaggio da un tempo circolare (che tende a ripetersi secondo il mito dell'Eterno Ritorno) ad un tempo rettilineo, che porta invece verso un traguardo completamente diverso dal punto di partenza. L'aver concepito la storia come una serie d'eventi che porta da uno stato meno perfetto ad uno via via sempre migliore è una delle innovazioni del pensiero ebraico, diventata poi parte integrante della cultura occidentale. Oggi la troviamo sia nel concetto laico e mondano di "progresso", che in quelli più sottili e raffinati di "evoluzione". Dal punto di vista simbolico ciò viene rappresentato trasformando lo spazio fisico da una forma sferica ad una forma cubica.
Quest'insegnamento ci viene riproposto anche dal Libro della Formazione, il più antico testo di Cabalà, che si occupa tra l'altro delle corrispondenze tra segni zodiacali, pianeti e lettere dell'alfabeto ebraico. In quel testo si parla di un "cubo dello spazio", i cui dodici lati sono i dodici segni zodiacali. Ma l'Arca dell'Alleanza non era cubica, bensì un parallelepipedo. Ciò significa che essa rappresentava i "nuovi Cieli" e la "nuova Terra" in via di formazione, mentre erano ancora in movimento, e non avevano ancora raggiunto uno stato di riposo.
Il parallelepipedo inferiore era formato (vedi figura) da tre distinte scatole. Le due esterne erano entrambe d'oro, mentre quella mediana era di legno d'acacia. Cosa significa ciò? Secondo La Cabalà., l'anima dei Maestri e degli Illuminati contiene due grandi categorie: avvolgente ed interna, ognuna delle quali è dotata di diversi gradi intermedi. Il contenitore dell'Arca rappresenta l'Anima avvolgente, le Tavole della Torà al suo interno costituiscono invece l'anima interiore. Si tenga presente che l'anima avvolgente è più rara e preziosa di quella interiore, in quanto questa è limitata, mentre la prima si estende all'infinito. I due recipienti d'oro costituiscono il primo e il secondo grado dell'anima avvolgente. Essi sono: Chaià e Yechidà, l'Anima Vivente e l'Anima della Perfetta Unione col Divino. Il legno che le separa fa da isolante elettrico, onde permettere a ciascuna delle due di costituire uno schermo separato. Infatti, uno degli scopi dell'"anima avvolgente" è quello di proteggere l'organismo da attacchi d'entità malvagie, pur presenti nella dimensione spirituale. In termini moderni potremmo comprendere questo particolare dell'Arca come una "doppia schermatura", in grado di isolarla completamente dai campi energetici negativi, e di captare solo quelli positivi. Infatti, il materiale usato era l'oro, che rappresenta il più alto stato della consapevolezza, quello che l'Alchimia chiama l'oro filosofico.
Tutto ciò riguarda il solo recipiente inferiore, la Terra. Invece il coperchio superiore simboleggia il cielo, che viene a completare la terra, a chiudere la sua apertura, a riempire i suoi bisogni. Il coperchio dell'Arca era fatto da un'unica piastra d'oro massiccio.
Questo suo essere costituito da un unico pezzo, mentre la parte inferiore era composta da tre pezzi distinti, allude all'insieme dello spazio-tempo. La fisica moderna ci insegna che viviamo in un insieme costituito da tre dimensioni spaziali (le coordinate di un determinato punto) e da un'unica dimensione temporale (il tempo in cui un certa realtà esiste). In tutto viviamo dunque in un insieme quadridimensionale. Secondo la sapienza esoterica esiste invece almeno una quinta dimensione, che nell'esempio dell'Arca era rappresentata dalle Tavole della Torà ivi contenute. Si tratta del livello della consapevolezza pura, la "quintessenza", così a lungo ricercata dagli alchimisti.
Del coperchio superiore dell'Arca facevano parte i Cherubini, anch'essi d'oro purissimo. Dice il versetto dell'Esodo (25, 18-21): "Farai due cherubini d'oro: li farai lavorati al martello sulle due estremità del coperchio. Fa' un cherubino ad una estremità e un cherubino all'altra estremità. Farete i cherubini tutti di un pezzo con il coperchio, alle sue due estremità. I due cherubini avranno le due ali stese di sopra, ricoprendola, e i loro volti saranno rivolti l'uno verso l'altro, e verso il coperchio. E porrai il coperchio sulla parte superiore dell'Arca, e collocherà nell'arca la testimonianza che ti darò."
La simbologia dei Cherubini è quanto mai vasta ed interessante. Secondo la tradizione ebraica essi avevano due volti infantili. Dai bambini dobbiamo imparare la purezza e la semplicità, la sincerità emotiva, la fiducia in coloro che sono più grandi di noi. In particolare, i volti dei cherubini erano l'uno maschile e l'altro femminile. Questo significa la conjuncto oppositorum, il matrimonio mistico, lo hyeros gamos.
Nel ricomporsi dell'unità primaria tra i poli opposti, tra il maschile e il femminile, si completa la copertura dell'Arca, si rinsalda la frattura che aveva causato la caduta dei mondi. E' grazie alle ali dei cherubini che si toccano al di sopra del coperchio, cioè alle loro componenti spirituali, che è possibile "volare", cioè esplorare i mondi superiori. Il matrimonio alchemico tra l'adepto e la soror mistica è il motore che fornisce energia al cocchio celeste, sul quale avviene il viaggio verso il Divino. Un'idea del genere è confermata da altri versetti dove vengono menzionati i cherubini, come: "e cavalcava il cherubino e volava" (Salmo 18,11). Tutto ciò sottolinea l'estrema importanza dell'equilibrare le varie componenti in ogni via d'evoluzione spirituale: il secco con l'umido, l'anima col corpo, l'emotivo con l'intellettuale, ecc.
Infine la forma dei due cherubini e delle loro ali che si toccavano ricorda quella di un portale. Si tratta della "porta del Signore, attraverso la quale entreranno i giusti", la cinquantesima porta dell'Intelligenza.
In genere l'Arca rappresenta il segreto di come una costruzione umana, se fatta seguendo dei criteri particolari, possa diventare la sede e il ricettacolo degno di contenere la rivelazione di uno stato superiore della consapevolezza, di forze angeliche o anche divine. I criteri di costruzione riguardano innanzitutto le dimensioni, che devono essere proporzionate in modo opportuno, seguendo formule antiche ed esoteriche. Ad esempio, il volume in "tefachim" (circa la lunghezza di un pugno chiuso), un'altra fondamentale misura dell'Antico Testamento, del recipiente centrale di legno era 756 tefachim cubi. Questo è il valore numerico della parola Sefirot, il nome delle dieci costituenti principali dell'Albero della Vita, il riferimento centrale delLa Cabalà.. Ciò indica come all'interno dell'Arca fosse contenuto un intero Albero della Vita. Riducendo 756 si ha 18, che è il numero della vita (Chai, Cheit-Yud). Riducendolo ulteriormente si ha 9, il numero della verità.
Inoltre i materiali coi quali viene eretta una particolare costruzione sacra hanno una loro importanza fondamentale. Provenendo dai tre regni inferiori: minerale (metalli e pietre preziose), vegetale (legno o tessuti) e animale (pelli o lana) i materiali rappresentano una sintesi di tutto il meglio che il mondo materiale può dare. Tramite l'opera ingegnosa dell'uomo, tramite la sua sapienza arcana, guidata dallo spirito divino, tutto ciò viene trasformato nel "trono" sul quale si asside un livello super-umano di sapienza e bontà. Si noti come la parola "Arca", che viene dall'indoeuropeo indicante "custodire", è alla radice di "arcano", cioè "esoterico, segreto". Ciò dimostra come la sapienza esoterica nel suo insieme sia l'Arca nella quale sono custoditi gli stessi "cervelli" Divini, cioè la Sapienza e l'Intelligenza, l'emisfero cerebrale destro e quello sinistro. Ecco perché le tavole della Torà riposte nell'Arca erano due, ad indicare la polarità fondamentale presente in ogni processo pensante.
Le costruzioni degli esseri umani non dovrebbero dunque avere una sola funzione pratica, ma dovrebbero esprimere dei principi superiori, se si vuole che il loro uso diventi un'occasione per la crescita della consapevolezza. Le abitazioni che sono state erette in modo particolare, secondo la sapienza "arcana", hanno un particolare effetto benefico su coloro che vi dimorano, un vero e proprio effetto salvifico.
Infatti nella Bibbia il primo e più antico prototipo d'ogni contenitore o costruzione sacra è stato l'Arca di Noè, grazie alla quale egli, la sua famiglia e gli animali, sopravvissero al cataclisma del diluvio universale. E si badi bene che non sarebbe bastata una qualunque barca o rifugio. Probabilmente la generazione in cui viveva Noè era in grado di costruire altri tipi d'imbarcazioni. Quella di Noè fu l'unica a sostenere la furia degli elementi scatenati poiché era stata costruita seguendo delle leggi non solo fisiche ma anche metafisiche. Si tratta di un insegnamento che dovremmo tutti tenere presente in un mondo come quello d'oggi, nel quale prevalgono soltanto le considerazioni materiali.
Etichette:cultura informazione notizie
blog cultura sapienza informazione
martedì 24 dicembre 2013
IL NATALE del SOLE INVINCIBILE
IL SIGNIFICATO MAGICO DEL
SOLSTIZIO D’INVERNO
Il periodo Natalizio nasconde un significato arcano ai più, ma profondamente sentito
nell’antichità. Per gli iniziati è una porta, l’ingresso simbolico rappresentato dal Sostizio
d’Inverno, ad uno stadio superiore di consapevolezza. I solstizi, secondo una definizione
scientifica, sono i due momenti dell’anno in cui il sole raggiunge il punto più meridionale
o settentrionale della sua corsa apparente nel cielo, rispettivamente al tropico del
Capricorno e al tropico del Cancro. Solstitium etimologicamente sta ad indicare “ il sole
si ferma”, tant’è che nei giorni in cui esso si verifica (22-23-24 Dicembre nell' emisfero
Nord il Solstizio d’Inverno), il sole sembra fermarsi in cielo per poi invertire il proprio
moto, facendo raggiungere al buio della notte la sua massima estensione, e alla luce del
giorno la minima. Subito dopo tale data la luce del giorno torna lentamente ad
aumentare e ad estendersi, con la con-seguente riduzione della durata del buio, fino ad
arrivare al Solstizio d’estate (21-22-23 Giugno nell’emisfero Nord), in cui si avrà la
massima estensione del giorno e la minima per quanto concerne la notte.
Tale fenomeno, osservato e studiato sin dalle più antiche popolazioni, si caricava già da
allora di un significato “simbolico”: dalle loro osservazioni gli antichi evincevano che il
sole, benchè giunto in tale periodo nella sua fase “più debole” (era infatti meno
luminoso e brillante nei colori), tuttavia non sprofondava nelle tenebre ma diventava
con la sua vitalità “invincibile“ ( SOL INVICTUS ) , rinasceva ed aveva un nuovo
Natale , IL NATALE DEL SOLE INVINCIBILE. Correlato a ciò è il fatto per cui, sempre
nella antichità, il periodo in questione è legato, in forme diverse, alla spiritualità ed alla
religiosità. Le popolazioni celtiche infatti celebravano il periodo del Solstizio d’inverno
denominandolo Alban Artuan, “rinascita del Dio Sole“, ma anche “Luce di Artù“ ;
tramandano le fonti che il mitico re Artù fosse nato nel giorno del Solstizio d’inverno, e
tale figura leggendaria ben si associa al Re del Mondo Sovrano dello Spirito e del
Tempo, vertice del mondo terreno, simbolo di rincarnazione, portatore di benefici e
doni. Non meno importante è poi notare come, nella data del 25 Dicembre, diver-se
popolazioni fanno coincidere la nascita di altri esseri divini: nell’antico Egitto si
festeggiava la nascita del Dio Sole Bambino, Horus (ma si credeva che anche Osiride
fosse nato nello stesso periodo), in Messico quella di Quezalcotal, in Grecia quella di
Bacco, Zarathustra in Azerbaigian, Budda in Oriente, Krishna in India, in Persia il dio
Mithra detto il Salvatore, a Babilonia il Dio Tammuz.
Per quanto riguarda poi la tradizione latina, è l’Imperatore Aureliano, nel 274 dC, ad
introdurre per la prima volta la data del 25 Dicembre come festa ufficiale del Natale del
Sole ( Costantino poi, abbracciando la fede cristiana , trasformò nel 330 dC la festività
del Sol Invictus in Festa cristiana ), fermo restando il fatto per cui tali festeggiamenti si
innestavano e per questo trovavano ampio consenso nella tradizione più antica dei
Saturnalia, feste in onore del dio Saturno che si svolgevano dal 17 al 24 Dicembre.
Saturno ( il Cronos della mitologia greca ), il cui nome originario era Satus ( = semina ),
era il Dio dell’età dell’oro e, secondo la leggenda, era anche il re del Lazio prima della
fondazione di Roma.
I Saturnalia erano dunque feste molto sentite, in cui si ribaltavano
perfino i ruoli sociali, le attività umane cessavano e poteva avvenire che fosse uno schiavo il re per tutta la durata dei festeggiamenti, per poi venir sacrificato a Saturno
(narra però la leggenda che sia stato Ercole, passando per il Lazio, a convincere i
Romani a non sacrificare vite umane alla divinità ma ad offrirgli statue d’argilla e ceri,
nascendo così l’usanza di scambiarsi doni fra amici in tale periodo, piccoli oggetti
d’uso quotidiano, come descrive ad esempio Marziale nei suoi epigrammi ). Vi era
anche l’abitudine di giocare alla Tombola, il grande gioco di Saturno, in cui però
attraverso i numeri si era in grado di predire il futuro, venendo così ad acquistare il gioco
funzioni oracolari. Ulteriore festività romana sempre celebrata nel mese di Dicembre
era quella dedicata al dio Conso (Consualia) e corrispondente alla conclusione sacrale
del vecchio anno (il verbo condere in latino infatti può star anche ad indicare l’azione di
nascondere e\o di concludere). Collegato a tale divinità era l’antico dio latino Giano, dio
dalle due facce, dio del tempo e specialmente dell’ Anno, regolatore e coordinatore
dell’inizio dell’anno, da cui Ianuarius, il mese di Gennaio. Entrambe le divinità di cui
sopra,nella realtà religiosa romana, si riferiscono all’inizio e alla fine di un’azione,ma
anche ad eventi passati nel tempo che si ripetevano periodicamente,come appunto
l’eterno ritorno della luce a discapito delle tenebre. Il passaggio dalle tenebre alla luce
poi, letto in chiave iniziatica ed esoterica, è legato saldamente al tema del risveglio
interiore. Si passa infatti dallo stadio alchemico della Nigredo per raggiungere l’Oro
Filosofico : questo è l’inizio della fase “Solve et Coagula”, morte e rinascita, purificazione
ed elevazione. Ecco quindi che il Solstizio viene anche chiamato La Porta , un tempo
custodita da Giano Bifronte, il quale ha ceduto il posto, con l’avvento del Cristianesimo,
ai due Giovanni, il Battista al Solstizio estivo e l’Evangelista al Solstizio invernale, simbolo
di una contemporanea esistenza di due dimensioni ( pas-sato e futuro ). Durante i Solstizi
si congiungono, le porte sono aperte ed è permesso il varco: è il tempo della morte
simbolica dell’adepto che si avvicina al rito iniziatico. Dicono i Maestri: “ Io sono la
PORTA, da una entrano gli uomini,dall’altra escono gli dei “. Questa è la raffigurazione
simbolica del cammino iniziatico, sono le fasi alchemiche, il risveglio della terra che
prepariamo per il prossimo raccolto.
Autocontemplazione, morte simbolica e risveglio al nuovo stadio, magistralmente
espressa nella frase: Visita Interiora Terrae Rectificando Invenies Ocuitum Lapidem “. Il V.I.T.R.I.O.L. alchemico che ci dà la sintesi del processo: visita “l’interno della terra “, cioè la profondità del tuo essere, e purificando troverai la
Pietra Filosofale.
Nei tarocchi ciò che identifica tale rinascita di LUCE è la lama del Bagatto, che
simboleggia la vera essenza dell’uomo, la cui missione è conseguire l’unione tra spirito e
materia. Il Bagatto ha davanti a sè i simboli del potere materiale, è il personaggio che
intraprende il cammino di trasformazione, l’Opera Alchemica, lavorando con i tre principi (
Nigredo, Rubedo, Albedo simboleggiati dalle tre gambe del tavolo ) e i quattro elementi (
Aria, Acqua, Terra , Fuoco, simboleggiati dai 4 angoli del tavolo), grazie alla quale ogni
uomo è un metallo, che portato alla sua perfezione viene chiamato ORO. Il senso più alto
della carta è dato dal suo numero, che è l’uno e che indica il motore immobile, il
Principio di tutte le cose, anche se il suo cappello a forma di otto allungato simboleggia il
movimento d’elevazione spirituale che conduce alla quadratura del cerchio. In tal senso,
uscendo dalla Caverna Cosmica, con il Solstizio d’Inverno si passa dal nulla all’unità;
geometricamente cioè, dal dive-nire sensibile,rappresentato dal simbolo della
circonferenza, si passa all’eter-no presente, che nell’uno e nel centro si esplicita
perfettamente. Ecco il simbolismo tradizionale delle porte solstiziali, che corrispondono rispettivamente all’entrata e all’uscita dalla Caverna Cosmica: la prima porta, quella “degli
uomini”,corrisponde al Solstizio d’Estate, cioè all’entrata del Sole nel segno zodiacale
del Cancro, la seconda, quella “degli dei”, al Solstizio d’Inverno, cioè alla entrata del
Sole del segno del Capricorno.
Dal punto di vista iniziatico, la caverna, per via del suo
carattere di luogo nascosto e chiuso, rappresenta un momento di totale interiorizzazione
dell’essere, vale a dire il luogo dove avviene, accedendovi, la seconda nascita
dell’iniziato. La seconda nascita, corrispondente nel significato ai Piccoli Misteri, si
differenzia dalla terza nascita, in uscita dalla porta solstiziale d’inverno, corrispondente,
invece, ai Grandi Misteri. La seconda nascita si realizza sul piano psichico, definendosi
come rigenerazione psichica. La terza nascita invece opera direttamente nell’ordine
spirituale e non più psichico, in quanto l’iniziato deve a quel punto aver risolto la sua
individualità, trovando così libero accesso alla sfera di possibilità della comprensione
sovraindividuale.
Qui l’iniziato rivive le tre tappe del processo alchemico: le tenebre si infittiscono, l’alba s’imbianca, la fiamma risplende. In prospettiva macrocosmica, tutto ciò è simboleggiato dall’ingresso del sole nel segno del Cancro, col Solstizio d’Estate. Il Solstizio d’Inverno corrisponde invece, in senso microcosmico, alla presa di coscienza della vera spiritualità, in quanto uscita alla luce. Durante questo processo la comprensione esoterica può essere visualizzata come un’illuminazione riflessa che rischiara il buio della caverna: un fascio di luce che penetra da un’apertura nel tetto della caverna e che genera quell’illuminazione di riflesso, descritta anche dal mito della caverna sacra di Platone e la cui fonte è il “Sole Intellegibile”. Si può concludere col ricordare come tale rigenerazione cosmica non possa prescindere dalla discesa e dall’aiuto di un avatara, di cui il Cristo Redentore è l’ultimo e più splendente esempio:
Qui l’iniziato rivive le tre tappe del processo alchemico: le tenebre si infittiscono, l’alba s’imbianca, la fiamma risplende. In prospettiva macrocosmica, tutto ciò è simboleggiato dall’ingresso del sole nel segno del Cancro, col Solstizio d’Estate. Il Solstizio d’Inverno corrisponde invece, in senso microcosmico, alla presa di coscienza della vera spiritualità, in quanto uscita alla luce. Durante questo processo la comprensione esoterica può essere visualizzata come un’illuminazione riflessa che rischiara il buio della caverna: un fascio di luce che penetra da un’apertura nel tetto della caverna e che genera quell’illuminazione di riflesso, descritta anche dal mito della caverna sacra di Platone e la cui fonte è il “Sole Intellegibile”. Si può concludere col ricordare come tale rigenerazione cosmica non possa prescindere dalla discesa e dall’aiuto di un avatara, di cui il Cristo Redentore è l’ultimo e più splendente esempio:
“ Il Sole ritorna sempre, e con lui la vita.
Soffia sulla brace ed il fuoco rinascerà”.
Etichette:cultura informazione notizie
blog cultura sapienza informazione
giovedì 5 dicembre 2013
Le radici "Pagane" del Natale
Del sole
Per inspiegabile che sembri, la data di nascita di Cristo non è nota. I vangeli non ne indicano né il giorno né l’anno […] fu assegnata la data del solstizio d’inverno perché in quel giorno in cui il sole comincia il suo ritorno nei cieli boreali, i pagani che adoravano Mitra celebravano il Dies Natalis Solis Invicti (giorno della nascita del Sole invincibile).
- Nuova enciclopedia cattolica dell’Ordine Francescano (1941) -
Nel corso della ricerca di informazioni e documenti riguardanti le origini pagane del Natale, quello che stupisce è che la data del 25 dicembre, prima di diventare celebre come “compleanno di Gesù”, sia stata giorno di festa per i popoli di culture e religioni molto distanti tra loro, nel tempo e nello spazio.
Le origini di questi antichi culti vanno ricercate in ciò che è “principio” della vita sulla terra e che “dal principio” è stato oggetto di culto e di venerazione: il sole.
Agli albori dell’umanità, esisteva un ricco calendario di feste annuali e stagionali e di riti di propiziazione e rinnovamento.
I popoli nel periodo primitivo della loro esistenza erano intimamente legati al “ciclo della natura” poiché da questo dipendeva la loro stessa sopravvivenza. Al tempo, la vita naturale appariva indecifrabile, incombente, potente espressione di forze da accattivarsi; era un mondo magico. L’uomo antico si sentiva parte di quella natura, ma in posizione di debolezza. Per questo, attraverso il rito, cercava di “fare amicizia” con questa o quella forza insita in essa.
Al centro di questo ciclo c’era l’astro che scandiva il ritmo della giornata, la “stella del mattino” che determinava i ritmi della fruttificazione e che condizionava tutta la vita dell’uomo.
Per quest’ultimo, temere che il sole non sorgesse più, vederlo perdere forza d’inverno riducendo sempre più il suo corso nel cielo, era un’esperienza tragica che minacciava la sua stessa vita. Perciò, doveva essere esorcizzata con riti che avessero lo scopo di evitare che il sole non si innalzasse più o di aiutarlo nel momento di minor forza.
È proprio partendo da questa considerazione che possiamo individuare le origini dei rituali e delle feste collegate al solstizio d’inverno.
Durante queste feste venivano accesi dei fuochi (usanza che si ritrova nella tradizione natalizia di bruciare il ceppo nel camino la notte della vigilia) che, con il loro calore e la loro luce, avevano la funzione di ridare forza al sole indebolito.
Spesso questi rituali avevano a che fare con la fertilità ed erano quindi legati alla riproduzione. Da qui l’usanza, nelle antiche celebrazioni, di danze e cerimoniali propiziatori dell’abbondanza e in alcuni casi, come negli antichi riti celtici e germanici, ma anche romani e greci, di accoppiamento durante le feste.
Del solstizio d’inverno
Il termine solstizio viene dal latino solstitium, che significa letteralmente “sole fermo” (da sol, “sole”, e sistere, “stare fermo”).
Se ci troviamo nell’emisfero nord della terra, nei giorni che vanno dal 22 al 24 dicembre possiamo infatti osservare come il sole sembra fermarsi in cielo, fenomeno tanto più evidente quanto più ci si avvicina all’equatore. In termini astronomici, in quel periodo il sole inverte il proprio moto nel senso della “declinazione”, cioè raggiunge il punto di massima distanza dal piano equatoriale. Il buio della notte raggiunge la massima estensione e la luce del giorno la minima. Si verificano cioè la notte più lunga e il giorno più corto dell’anno.
Subito dopo il solstizio, la luce del giorno torna gradatamente ad aumentare e il buio della notte a ridursi fino al solstizio d’estate, in giugno, quando avremo il giorno più lungo dell’anno e la notte più corta. Il giorno del solstizio cade generalmente il 21, ma per l’inversione apparente del moto solare diventa visibile il terzo/quarto giorno successivo. Il sole, quindi, nel solstizio d’inverno giunge nella sua fase più debole quanto a luce e calore, pare precipitare nell’oscurità, ma poi ritorna vitale e “invincibile” sulle stesse tenebre. E proprio il 25 dicembre sembra rinascere, ha cioè un nuovo “Natale”.
Questa interpretazione “astronomica” può spiegare perché il 25 dicembre sia una data celebrativa presente in culture e paesi così distanti tra loro. Tutto parte da una osservazione attenta del comportamento dei pianeti e del sole, e gli antichi, pare strano, conoscevano bene gli strumenti che permettevano loro di osservare e descrivere movimenti e comportamenti degli astri.
Per fare un esempio, a Maeshowe (Orkneys, Scozia) si erge un tumulo datato (con il metodo del carbone radioattivo) 2750 a.C. All’interno del tumulo c’è una struttura di pietra con un lungo ingresso a forma di tunnel. Questa costruzione è allineata in modo che la luce del sole possa scorrere attraverso il passaggio e splendere all’interno del megalite, illuminando in questo modo il retro della struttura. Questo accade al sorgere del sole e al solstizio d’inverno.
Etichette:cultura informazione notizie
blog cultura sapienza informazione
Iscriviti a:
Post (Atom)