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lunedì 6 gennaio 2014

Re Hammurabi: Babilonia e le sue Leggi



Hammurabi fu il re di Babilonia del II millennio prima dell’era volgare. Regnò dal 1792 al 1750 a.C. e, con le vittorie sugli amorrei e gli assiri, estese l'impero dal golfo Persico, attraverso la valle del Tigri e dell'Eufrate, sino alle coste del mar Mediterraneo. Fece di Babilonia la capitale del regno e, dopo aver    consolidato le sue conquiste, si preoccupò di difendere le frontiere e di garantire la prosperità all'interno  dell'impero. Fu abile amministratore e valoroso guerriero. Viene ricordato soprattutto per il suo codice: un corpus di leggi iscritto su una stele cilindrica in diorite, rinvenuta a Susa, (Iraq) nell'inverno del 1901-1902 , per opera di una spedizione archeologica francese, condotta dal De Morgan.
Il blocco si presentava rotto in tre parti, in seguito è stato restaurato ed è ora conservato nella sala n°106 del Museo del Louvre a Parigi. 
Fino al 1947 era considerato il più antico codice di leggi portato alla luce, infatti in quell’anno venne scoperta una tavoletta su cui erano incise delle leggi promulgate da Ur-Nammu, re della III dinastia di Ur che regnò nel 2100 a.c. . Tuttavia il codice di Hammurabi, rimane  l’unico completo pervenutoci dall’antichità, anche se sono presenti alcune lacune, dovute a corrosione, situate nella parte anteriore alla base del                    
monumento. 

Prima di essere creato, in Mesopotamia l’amministrazione della giustizia si basava su una serie di norme tramandate oralmente e consolidate dall’uso. Quando qualche sovrano si discostava dalla tradizione o si trovava a pronunciare sentenze su materie per le quali non esistevano norme certe, le sue decisioni venivano ricordate per iscritto, in modo da far testo per il futuro. Verso la fine del suo regno Hammurabi volle che i suoi regali giudizi fossero incisi su stele alte più di due metri (sedici colonne da un lato della stele e 28 dall’altro), da esporre nei templi.
In cima alla stele ritrovata, un rilievo raffigura il re in piedi  di fronte a Shamash, dio della giustizia, seduto in trono. Il resto della stele è coperto da caratteri cuneiformi. Il testo incomincia con un prologo nel quale Hammurabi si vanta di essere stato chiamato dagli dei “a distruggere le forze del male, affinchè il potente non opprimesse il debole”. Segue poi il corpus delle leggi vero e proprio, consistente in 282 singoli articoli senza ordine sistematico, relativi al diritto penale, civile, commerciale e non contiene norme sulla religione.

Dalle stele si ricava che la società babilonese era divisa in tre classi, gli awilum, o uomini liberi (i nobili), i mushkenum (i dipendenti del palazzo e i subordinati in genere) e i wardu  (gli schiavi) .
Il Codice di Hammurabi condannava facilmente a morte, ed indicava anche il tipo di morte nel quale si incorreva: si poteva infatti essere bruciati, annegati, impalati a seconda del delitto commesso, anche indipendentemente dalle intenzioni che avevano portato il colpevole alla trasgressione, e se si trattava di una vittima nobile, si applicava la legge del taglione, (Se un architetto ha costruito una casa ad un awilum, un nobile, uomo libero, ma non ha fatto un lavoro solido, e la casa che ha costruito è crollata causando la morte del proprietario, questo architetto sarà ucciso. Se ha causato la morte del figlio del proprietario, si ucciderà il figlio di questo architetto..) 
Non era un codice equo, in quanto la gravità della colpa e della pena inflitta dipendeva dalla classe sociale a cui appartenevano il colpevole e la vittima: lo schiavo aveva minor valore del nobile ed era soggetto a pene più dure per i medesimi reati (Posto che un awilum distrugga l'occhio di un awilum, si distruggerà il suo occhio… Posto che distrugga l'occhio di un mushkenum, dipendente del palazzo, pagherà una mina d'argento… Posto che distrugga l'occhio di uno schiavo… pagherà metà del suo prezzo.).
Non si deve però pensare che il CODICE di HAMMURABI sia stato scritto solo per infliggere pene ai colpevoli, ma analizzando l’insieme delle sue leggi c’è molto di più. Si tratta di oltre 200 articoli che possono essere confrontati con molti problemi giuridici del nostro vivere quotidiano.
Le prime leggi riguardano la disciplina del processo, cui seguono le leggi sul diritto di proprietà, sui prestiti, sui depositi, sulle obbligazioni, sulla proprietà domestica, sul diritto di famiglia.
I paragrafi che vanno dall’88 al 108 trattano delle operazioni di credito, degli scambi, dei commercianti e degli agenti.
Si può notare che alcuni meccanismi e strumenti economici che potrebbero a prima vista sembrare tipici delle società più moderne ed evolute, risalgono in realtà ad alcuni millenni addietro. Uno dei casi più straordinari riguarda l’assegno bancario. Questo popolo era riuscito a mettere in piedi un complesso sistema di scambi inventando una specie di lettera di credito. La soluzione era pratica ed al tempo stesso ingegnosa: i commercianti che trasferivano il loro carico di merci in una certa città, arrivati a destinazione, vendevano i loro prodotti ricevendone in pagamento un “assegno” costituito da una tavoletta di argilla sulla quale veniva inciso il prezzo della merce contrattata in peso di rame o d’argento. La medesima tavoletta poteva essere girata e serviva quindi per acquistare altre merci e così via. Naturalmente questi “assegni” dovevano avere una copertura garantita ed a questo pensavano i rappresentanti del potere politico e amministrativo facendo rispettare le leggi vigenti sugli scambi commerciali. Nel codice di Hammurabi, il termine mercante veniva usato in relazione ai diversi tipi di attività commerciale e precise leggi disciplinavano le modalità con cui dovevano essere stipulati i contratti economici fra mercanti e agenti di viaggio o anche fra semplici cittadini. Per esempio, due articoli del codice di Hammurabi, regolavano l’affidamento di beni ad un agente per la vendita in nome e per conto del proprietario: “Se un mercante ha affidato ad un agente orzo, lana, olio o altro genere, perché li venda al dettaglio, l’agente registrerà l’argento ricavato dalla vendita e lo restituirà al mercante; l’agente prenderà una tavoletta sigillata relativa all’argento che consegna al mercante. . .”. E ancora: “Se l’agente è negligente e non prende una tavoletta sigillata relativa all’argento che ha consegnato al mercante, l’argento non registrato su una tavoletta sigillata non sarà posto sul suo conto”.  L’articolo 108 del codice prevedeva che “. . . se non realizza profitti, l’agente consegnerà al mercante il doppio dell’argento che ha ricevuto”. Per tutte le controversie fra mercanti e agenti, interveniva il Tribunale del Tempio dove era stato depositato il contratto e gli agenti disonesti erano condannati a restituire il triplo del capitale che era stato loro affidato. Nel Tempio veniva adorato il dio Shamash, deputato alla salvaguardia degli scambi e dei patrimoni.
La legge di Hammurabi regolava i tassi commerciali in modo drastico e preciso: “Se il mercante ha spinto il suo interesse al di là di 100.000 sila per un gur d’orzo o al di là di 1/6 di siclo e sei grani per un siclo d’argento e lo ha riscosso, perderà tutto quello che ha dato in prestito” (1 siclo = 180 grani -I gur = 300 sila). Le operazioni creditizie si reggevano su veri e propri contratti, per garantire i contraenti da reciproci abusi: “Se un mercante ha consegnato in prestito orzo e argento senza testimoni o contratto, perderà tutto quello che ha consegnato”.  I debiti venivano garantiti con la nomina di un garante che, in caso d’insolvenza dei debitore, era impegnato a saldare il debito. 

Erano inoltre presenti leggi riguardanti la posizione della donna: “Posto che  una donna provi avversione per suo marito.. posto che colpa non abbia…e suo marito la abbia molto trascurata, questa donna non ha colpa, ed essa prenderà la sua dote e andrà nella casa di suo padre”. Se il marito ripudiava la moglie perché questa non gli aveva dato un figlio, “le renderà la dote che essa ha portato dalla casa del padre”. Il marito di una donna malata poteva sposarne un’altra ma doveva mantenere la prima “fintanto che essa viva”.
Anche la posizione dei figli era tutelata dall’arbitrio dei padri. Essi non potevano essere diseredati se non per colpa grave, e solo in caso di recidività. I figli illegittimi potevano essere riconosciuti: Se il padre dica ai figli che la serva li ha partorito e poi muore, i figli della moglie e i figli della schiava insieme divideranno i beni del padre.

Nella parte inferiore della stele è presente anche un epilogo in cui Hammurabi dice: “ I grandi dei mi chiamarono e io fui il benefico pastore del giusto scettro…Nel mio seno raccolsi le genti della regione di Sumer e di Akkad, ed esse prosperarono sotto la mia protezione…Voglia ogni uomo oppresso venire alla presenza della mia statua di re della giustizia..e possa la mia stele chiarirgli la causa, fargli vedere il suo diritto dar sollievo al suo cuore”.

La promulgazione di questo codice venne realizzata non prima del 34° anno del regno a dimostrazione che il re babilonese impiegò alcuni anni per analizzare a fondo la realtà umana e socio-economica del suo Paese il cui territorio era circoscritto tra il Tigri e l’Eufrate per un’estensione di ben 120.000 chilometri quadrati. 


Il codice di Hammurabi è conosciuto da pochi, raramente si è vista una sua pubblicazione, l’ultima risale agli anni 20 del secolo scorso. Questo corpo di leggi è di fondamentale importanza per la storia della vita dell’uomo. Ha influenzato ebrei, greci, romani ecc., ed è il monumento legislativo più importante dell’antica Mesopotamia. La sua conoscenza è indispensabile perché non ci fornisce solo notizie sugli usi e costumi dell’epoca, ma questa giurisdizione, ha costituito la base del diritto che tuttora accompagna la nostra vita, anche economica.

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