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venerdì 30 maggio 2014

Conosci Te stesso e conoscerai .... l’universo ! “



La frase “Conosci te stesso” (Gnovqi seautovn), di solito attribuito a Socrate, è in realtà una replica di una famosa iscrizione sul frontespizio del tempio dell’oracolo di Delfi: 
“ Uomo, conosci te stesso e conoscerai l’universo ! “ 

L’antica concezione greca era che l’uomo è un microcosmo, un immagine fedele e  precisa del macrocosmo o universo e così il detto Delphico  di, conosci tè stesso è concordemente in linea con questo modo di pensare, se  riesci ad auto-conoscerti allora avrai accesso ai misteri dell’universo, con più la conoscenza di sé è sviluppata, tanto più la comprensione del mistero dell’esistenza e della conoscenza del cosmo era più vicina alla comprensioneLe moderne teorie scientifiche cercano di spiegare la nascita dell’universo, la sua espansione, le dimensioni finite o infinite.

La relatività considera  lo spazio sia  finito o infinito, in funzione della sua estensione e dimensione. Conosci te stesso è il primo requisito che ci costringe a ragionare; è il fondamento del sapere ed è fonte di saggezza. Chi non conosce i propri difetti, non può migliorare, chi non conosce i propri obbiettivi, non ha nemmeno voglia di realizzarli, chi non sa che cosa gli manca, non  può pensare di ottenerlo. La conoscenza del problema in sé non è una cosa facile da risolvere, la maggior parte dei nostri simili o lo sopravvaluta, o sottovaluta. E’ di fondamentale importanza di valutare esattamente l’auto-conoscenza di sé, cosi come siamo nella realtà, in base ai pregi e difetti, per  decidere di adottare un comportamento adeguato su di noi ma anche nella famiglia e nella società.
Se gestiamo la nostra conoscenza di sé, di auto-controllo, di auto-perfezionismo continuo, sarà più  facile la distinzione tra apparenza e realtà, tra verità e menzogna, tra possibile e impossibile.
A prima vista, potrebbe sembrare che i nostri sentimenti sono evidenti, se però ci concentriamo con più attenzione percepiamo  che siamo andati oltre il vero sentire legato a un determinato sentimento oppure che siamo in ritardo nella reazione in relazione a questo sentimento. Il monito di Socrate “conosci te stesso!” si riferisce in particolare a ciò che è essenziale dell’intelligenza emotiva: la consapevolezza dei propri sentimenti quando si presentano. 
Le persone esprimono le loro emozioni in modo diverso, nel senso di evidenziare (incapacità di controllo) o di possesso (controllo emotivo). Sia il controllo emotivo, come l'incapacità di raggiungerlo, sono direttamente dipendenti dalla intensità dello stimolo dei generatori di emozione e dei limiti situati  all'interno della soglia di un equilibrio emotivo.

   1.Autocoscenza
   2.Chiudersi in sè stessi
   3.Accettazione


Socrate propone un ritorno alla umana conoscenza di sé stessi, considerando che tutti abbiano la possibilità di conoscere la verità quando la verità riesce a far ricordare che egli è nato, da questo punto di vista, il filosofo ateniese attribuisce a se stesso rispetto ai suoi discepoli il ruolo di levatrice che aiuta la nascita spirituale del (discepolo) nuovo discepolo.

Cosa significa la conoscenza di sé? Possiamo imparare a conoscere noi stessi? Le scienze psicologiche moderne, in particolare la psicoanalisi, ci mostra quanto è sconosciuto il subcosciente e quali potenti risorse esistono nelle strutture più profonde della psiche umana. L’affermazione più eloquente è di Giovanni Papini: “Non non sò quante persone conoscono il maledetto dolore di non ritrovare sé stessi come faccio cononoscere mè stesso quando non sono in grado di ritrovami! “ 
 Il problema è in definitiva più complesso di quanto sembri a prima vista, si potrebbe pensare che è molto facile ottenere la conoscenza, soprattutto perché sei l’oggetto della tua soggettività. Cosa succede quando pensi di conoscere tè stesso, senza una spiegazione su ciò che ti succede? Esiste dentro di noi la verità e la possiamo conoscere oppure si agisce seguendo uno schema predeterminato. Conoscere tè stesso significa trovare una risposta a questa domanda.
Quali sono le conseguenze alle affermazioni di cui sopra? Se concentriamo la nostra capacità di conoscerci verso un’unica direzione, allora le nostre possibilità di conoscerci si ridurranno proporzionalmente con lo sforzo profuso. Le debite conclusioni sono queste: la conoscenza del sé proposta da Socrate è utile nella misura in cui conoscere non è indirizzato solamente verso un unico tipo di conoscenza: concentrarsi sulla conoscenza spirituale potrebbe comportare la rimozione di una conoscenza oggettiva, mentre la tendenza verso l’orientamento di una conoscenza al di fuori della soggettività avrebbe come diretta conseguenza l’acutizzarsi dell’ignoranza. 
Uno sguardo attento dietro l’oscurità deliberata che copre i simboli scentifici degli antichi avi, scoprirà che le parole  “Uomo, conosci te stesso e conoscerai l’universo” non significa solo conoscenza spirituale e di carattere, ma anche lo studio dettagliato della morfo-fisiologia cellulare e tutte le relazioni tra gli elementi che sono parte del mondo vivente. 
Come ho detto, in ultima analisi, il corpo umano si riduce  alla cellula come unità base, morfo-funzionale della materia vivente, l’umanità è ridotta a molecola sociale che è l’uomo, il mondo si riduce a una stella e l’universo si riduce a galassia. Ma cellula, umanità, mondo astrale, universo, non sono altro che PARTE della stessa UNITA’. 
Le cellule si raggruppano per formare un organo, gli organi si raggruppano per formare un sistema e la loro unione forma un individuo. Questa è la progressione che forma l’uomo nell’aspetto fisico, l’individuo non è altro che una cellula dell’umanità. Ma l’umanità non è altro che una cellula di animalità, e l’ animalità non esprime altro che l’unità dei regni che esistono sul pianeta. 
I satelliti  ruotano intorno ai pianeti, i pianeti intorno ai soli e formano le galassie mondi, le galassie sono cellule dell’universo. La legge che la natura segue si ritrova ovunque. 
Questa progressione di unità disposte al di sotto di altre unità, questa serializzazione che parte  dal quantum fino all’unità prima si verifica ovunque. Le galassie seguono la stessa legge che  governa la vita delle formiche. 
Per studiare come le cellule si sono raggruppate per formare un organo, significa studiare il modo in cui i regni si raggruppano per formare il mondo, quindi significa studiare il modo col quale alcuni individui si raggruppano per formare una famiglia come organo dell’umanità. 
Studiare la formazione di un apparato composto di organi, è come studiare la formazione di una nazione  costituita da famiglie o le galassie composte dai pianeti. 
Tutto è simile, conoscere il segreto della cellula o atomo significa  conoscere l’universo. L’assoluto è ovunque. Tutto è nel tutto. Il principio olistico splende in tutta la sua magnificenza. 
Se l’uomo è una cellula di umanità, l’umanità sarebbe un apparato di un essere animato chiamato Terra? Conformemente a questa idea la Terra potrebbe  essere un organo, mentre il sole, il cervello di un essere superiore chiamato galassia. Continuando nell’idea la galassia potrebbe essere un organo dell’universo e gli universi organi del macrocosmo. Sono domande che l’umanità si pone oggi come nel passato gli antenati le ponevano alla Sfinge. 
Verrà il tempo  quando di progresso in progresso di universo in universo l’uomo riuscirà a capire l’astrazione nella sua forma più elevata. Probabilmente in quel momento l’uomo sarà in grado di vedere la materia nel suo equilibrio, l’unità e la divisibilità del tutto e la Forza Suprema opponendosi a sé stessa per creare. Allora capirà che siamo unici e irripetibili e al contempo parti identiche del miracolo chiamato UNIVERSO 
 

sabato 3 maggio 2014

Gli Angeli della Bibbia: Entita' in "Carne e Ossa"



Dice la Bibbia che Abramo era nella sua tenda quando gli apparvero sulla soglia di esso i tre uomini.

Il patriarca offrì da bere e da mangiare al terzetto che accettò di buon grado. 
Un vitello tenero e grasso, accompagnato da burro e latte, fu così consumato sotto l'ombra di un albero. 
Più tardi, verso sera, nella città di Sodoma, i tre vennero poi ospitati nella casa di Lot, ove, dice la Bibbia, consumarono ancora un pasto. 
Possiamo noi immaginarci, tre angeli, come li definisce il Testo Sacro, cibarsi di due pasti regolari per soddisfare il naturale bisogno che spinge creature mortali come noi a fare altrettanto? Eppure la Genesi (18, 2) lo afferma. 

Dobbiamo quindi ritenere che normali uomini furono scambiati erroneamente per esseri soprannaturali e descritti come tali nella Bibbia? 
Abramo, nella sua tenda, li identificò subito per « angeli », e Giosuè durante una perlustrazione armata nel territorio di Gerico non fece difficoltà alcuna per riconoscere anche lui in un guerriero incontrato colà, un inviato del Signore (Giosuè 5, 13)
Vestivano questi uomini degli abiti che non lasciavano dubbi circa la loro identità? O presentavano caratteri somatici così diversi dagli uomini da non essere confusi per alcun motivo con essi? 
Praticamente come può apparire diverso da noi un uomo di una nazione lontana e diversa per costumi sociali, come ad esempio un norvegese o un russo. 
Da quale lontana nazione venivano questi uomini? 

Ma la domanda più giusta da formularsi dovrebbe essere: da quale lontano pianeta venivano questi uomini? 
Un libro della Bibbia, e precisamente il libro di Ezechiele, narra la fantasiosa testimonianza dell'omonimo profeta che vide atterrare una straordinaria macchina volante. 
E si può ben definire macchina volante senza incorrere in alcuna contraddizione. Ezechiele è esplicito. 
Leggiamo che, in principio vide l'oggetto in lontananza, nel cielo, e lo descrive come: « Un fuoco vorticoso con chiarore tutt'intorno e al centro come una specie di elettro (?) dentro ad un fuoco ». Quando questo si avvicinò ed atterrò, egli non esitò a descriverlo ancora più minimamente. 

In tal guisa noi possiamo così sapere che la Macchina voltante era composta da un cilindro con quattro propulsori a razzo (chissà poi perchè, camuffati con figure alate) sormontanti da una cupola e più ancora da una cabina di pilotaggio a forma di « pietra di zaffiro » dentro alla quale, seduto su un « trono », stava il pilota. 
L'incontro non fu accidentale; Ezechiele venne informato di certi fatti; e gli uomini che apparvero una quarantina di giorni dopo con l'incarico di distruggere i « peccatori » di Gerusalemme, ricevettero ordini dal misterioso ordigno, nuovamente atterrato, nel nome del Signore. 
Ed uno di questi uomini entrò nel velivolo (Ezec, 10, 1). 
Ecco stabilito un indiscutibile legame tra gli « angeli » e le misteriose macchine volanti, così comuni nelle tradizioni ebraiche. 

Accorgiamoci di essere entrati in un argomento delicato, poiché se la macchina volante atterrò vicino al profeta, lo fece per comunicargli delle volontà espresse da Dio; se il « carro di fuoco » rapi Elia, lo fece per volontà di Dio; e se gli « angeli » percorrevano quei territori, lo facevano per ordine di Dio. 
Stiamo per pronunciare delle affermazioni eretiche? 
Se Dio ci ha dato questa coscienza e questa intelligenza e noi usiamo quest'ultima senza reconditi scopi e non sentiamo alcun impedimento nelle nostre supposizioni, non deve essere possibile. Inoltre non si vuol negare l'esistenza della divinità, nè tantomeno si vuole negare la Sua Volontà nella direzione dell'operato degli « angeli ». 
Semmai, spinti dalle circostanze, avanziamo l'ipotesi che Dio nelle sue azioni nei confronti del popolo israelita si sia servito, a guisa di strumenti, di esseri civilissimi abitatori di qualche pianeta sperduto tra le galassie. 
Sul pianeta più piccolo del cielo, servito dai più « grandi » del cosmo, per la missione più eccelsa. 
In quanto allo stato di grazia di questi esseri extraterrestri diremo che è questione per teologi. 

Un messaggero di Dio, un angelo, come lo immaginiamo solitamente, con le grandi ali spiegate, perché avrebbe avuto bisogno di una macchina volante per portarsi al cospetto di Ezechiele? 
Non v'era altro modo per chiamare a Sé, il profeta Elia se non rapirlo con un « carro di fuoco con cavalli di fuoco »? (4°. Re 2, 11). Che bisogno fisiologico avevano gli « angeli » di dover mangiare se non erano uomini? 
Perché in Sodoma, benché dovessero distruggere gli abitanti, gli inviati del Signore solo si ritirarono davanti ad una turba di sodomiti infuriati e si difesero provocando in essi una temporanea cecità? (Genesi 19, 10). 
Come si può spiegare che un uomo, Giacobbe, abbia potuto affrontare ed atterrare in lotta un angelo se questi veramente possedeva qualità soprannaturali? (Genesi 32, 24). 
E perché, quando gli angeli si apprestarono a decimare gli abitanti di Gerusalemme, usarono, come chiaramente dice la Bibbia, armi di distruzione e non solo la potenza Divina? 
« Ed ecco sei uomini venivano per la via della porta superiore prospiciente il settentrione; ciascuno stringeva in pugno un'arma di distruzione, e in mezzo a loro un personaggio in veste di lino con un calamaio da scriba assicurato ai fianchi, ed entrarono e si fermarono presso l'altare di bronzo » (Ezechiele 9, 2).