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venerdì 29 novembre 2013

Lo Schiavo " Moderno "

“Il mio ottimismo si basa sulla certezza che questa civiltà sta per crollare. Il mio pessimismo su tutto quello che fa per trascinarci nel suo vortice”. 


La servitù volontaria

“Che epoca terribile quella in cui degli idioti governano dei ciechi”. William Shakespeare 

La servitù moderna è una servitù volontaria, consentita dalla massa degli schiavi che 
strisciano sulla superficie terrestre. Comprano liberamente tutti i prodotti che li asservono 
ogni giorno di più. Si aggrappano spontaneamente ad un lavoro sempre più alienante, 
generosamente concesso soltanto se “fanno i bravi”. Scelgono loro stessi i padroni che 
dovranno servire. Perché questa assurda tragedia sia potuta accadere, prima di tutto è stato 
necessario sottrarre ai membri di questa classe ogni consapevolezza del proprio sfruttamento 
e della propria alienazione. 
Questa è la strana modernità della nostra epoca. Contrariamente agli schiavi 
dell’antichità, ai servi del Medioevo o agli operai delle prime rivoluzioni industriali, oggi 
siamo di fronte ad una classe totalmente asservita ma che non sa di esserlo, anzi, che non 
vuole saperlo. 
Ignorano quindi la ribellione, che dovrebbe essere l’unica reazione legittima degli 
oppressi. Accettano senza fiatare la vita pietosa che è stata decisa per loro. La rinuncia e la 
rassegnazione sono le cause della loro disgrazia. 
Questo è il brutto sogno degli schiavi moderni che non chiedono, in definitiva, che di 
lasciarsi andare nella danza macabra del sistema dell’alienazione. 
 L’oppressione si modernizza estendendo ovunque forme di mistificazione che 
consentono di occultare la nostra condizione di schiavi. 
 Mostrare la realtà così com’è veramente, e non come viene presentata dal potere, 
costituisce la sovversione più autentica.  Solo la verità è rivoluzionaria. 

La pianificazione del territorio e l’ambiente

“L’urbanistica è la presa di possesso dell’ambiente naturale e umano da parte del 
capitalismo che, sviluppandosi logicamente come dominazione assoluta, può e deve ora 
rifare la totalità dello spazio a propria immagine”. La Società dello Spettacolo, Guy Debord. 

Man mano che costruiscono il loro mondo con la forza del loro lavoro alienato, 
l’ambiente circostante diventa la prigione nella quale devono vivere. Un mondo squallido, 
senza odore né sapore, un mondo che porta in sé la miseria del modo di produzione 
dominante. 
 Questo scenario è in perpetua costruzione. Niente è stabile. Il rifacimento permanente 
dello spazio circostante trova la propria giustificazione nell’amnesia generalizzata e 
nell’insicurezza nelle quali devono vivere gli abitanti. Si tratta di rifare tutto ad immagine del 
sistema: il mondo diventa sempre più sporco e rumoroso, come una fabbrica. 
Ogni frammento di questo mondo è proprietà di uno Stato o di un privato. Questo furto 
sociale che è l’appropriazione esclusiva del suolo si materializza nell’onnipresenza dei muri, 
delle sbarre, delle recinzioni, dei cancelli e delle frontiere... sono il segno tangibile di questa 
separazione che invade tutto. 
 Ma parallelamente, l’unificazione dello spazio secondo gli interessi della cultura 
mercantile è il grande obiettivo di questa triste epoca. Il mondo deve diventare un’immensa 
autostrada, razionalizzata all’estremo, per facilitare il trasporto delle merci. Ogni ostacolo, 
naturale o umano, deve essere rimosso. 
Gli insediamenti nei quali si ammucchia questa massa servile somigliano alla loro 
vita: sembrano delle gabbie, delle prigioni, delle caverne. Ma contrariamente agli schiavi o ai 
prigionieri, gli oppressi moderni devono pagare la loro gabbia. 
 “Perché non è l’uomo ma il mondo che è diventato anormale”. Antonin Artaud

La merce

“Una merce sembra a prima vista qualcosa di triviale e che si risolve in se stessa. La nostra 
analisi ha dimostrato invece che è una cosa molto complessa, piena di sottigliezze 
metafisiche e di arguzie teologiche”. 

Il Capitale, Karl Marx



“A che serve ad un uomo di possedere tutto se perde la sua anima”. Marco 8;36 

La merce, ideologica per essenza, spoglia dal proprio lavoro chi la produce e dalla 
propria vita chi la consuma. Nel sistema economico dominante, non è più la domanda a 
condizionare l’offerta ma è l’offerta che determina la domanda. È così che nuovi bisogni 
sono creati periodicamente e vengono rapidamente considerati vitali dall’immensa 
maggioranza della popolazione: così per la radio, poi la macchina, la televisione, il computer 
e ora il telefonino. 
Tutte queste merci, distribuite in massa in un lasso di tempo molto limitato, 
modificano profondamente le relazioni umane: servono, da una parte, a isolare un po’ di più 
gli uomini dai loro simili, e dall’altra, a diffondere i messaggi dominanti del sistema. Gli 
oggetti che possediamo finiscono per possederci. 

L’alimentazione

“Quel che è un nutrimento per uno è un veleno per l’altro”. Paracelso 



Ma è proprio quando si alimenta che lo schiavo moderno illustra al meglio lo stato di 
decadenza nel quale si trova. Avendo a disposizione un tempo sempre più limitato per 
preparare il cibo che ingurgita, è ridotto a consumare alla svelta quello che produce 
l’industria agro-chimica. 
Vaga nei supermercati alla ricerca dei surrogati che la società della falsa abbondanza 
gli concede. Anche in questo caso, ha solo l’illusione della scelta. L’abbondanza dei prodotti 
alimentari nasconde in realtà il loro degrado e falsificazione. Si tratta notoriamente di 
organismi geneticamente modificati, di un miscuglio di coloranti e conservanti, di pesticidi, 
di ormoni e altre invenzioni della modernità. 
 Il piacere immediato è la regola del modo di alimentazione dominante, così com’è la 
regola di tutte le forme di consumo. E le conseguenze si vedono e illustrano questo modo di 
alimentarsi. 
Ma è di fronte all’indigenza dei più che l’uomo occidentale si rallegra della sua 
posizione e del suo consumo frenetico. Eppure, la miseria è ovunque laddove regna la società 
totalitaria mercantile. 
La scarsità è il rovescio della medaglia della falsa abbondanza. E in un sistema che 
erige la disuguaglianza a criterio di progresso, anche se la produzione agro-chimica è 
sufficiente per nutrire la totalità della popolazione mondiale, la fame non dovrà mai 
scomparire. 
 “Si sono convinti che l’uomo, specie peccatrice per eccellenza, domini la creazione. Tutte le 
altre creature non sarebbero state create che per procurargli del cibo, delle pellicce, per 
essere martoriate, sterminate”. Isaac Bashevis Singer 
L’altra conseguenza della falsa abbondanza alimentare è la generalizzazione delle 
fabbriche concentrazionarie e lo sterminio massiccio e barbaro delle specie che servono a 
nutrire gli schiavi. Qui sta l’essenza stessa del modo di produzione dominante. La vita e 
l’umanità non resistono di fronte alla sete di profitto di pochi.

La devastazione dell’ambiente

“È triste pensare che la natura parli e che il genere umano non la ascolti”. Victor Hugo 

Il saccheggio delle risorse del pianeta, l’abbondante produzione di energia e merci, gli 
scarti e altri rifiuti del consumo ostentato ipotecano gravemente le possibilità di 
sopravvivenza della terra e delle specie che la popolano. Ma per lasciar libero corso al 
capitalismo selvaggio, la crescita non deve fermarsi mai. Bisogna produrre, produrre e 
riprodurre ancora. 
 È sono proprio quelli che inquinano che si presentano oggi come i salvatori potenziali 
del pianeta. Questi imbecilli dello spettacolo, sponsorizzati dalle multinazionali, cercano di 
convincerci che un semplice cambiamento delle nostre abitudini di vita basterebbe a salvare il 
pianeta dal disastro. E mentre ci colpevolizzano, continuano senza tregua ad inquinare 
l’ambiente e la nostra mente. Queste povere tesi pseudo-ecologiche sono riprese all’unisono 
da tutti i politici corrotti a corto di slogan pubblicitario. Ma si guardano bene dal proporre un 
cambiamento radicale nel sistema di produzione. Si tratta, come sempre, di cambiare qualche dettaglio perché tutto rimanga come prima.

Il lavoro

Lavoro, dal latino Tri Palium, tre pali, strumento di tortura. 

Ma per salire sulla giostra del consumo frenetico, servono soldi e per avere soldi 
bisogna lavorare, cioè vendersi. 
 Il sistema dominante ha fatto del lavoro il suo principale valore. E gli schiavi devono 
lavorare sempre di più per pagare a credito la loro vita miserabile. Si sfiancano al lavoro, 
perdono la maggior parte della loro forza vitale e subiscono le peggiori umiliazioni. Dedicano 
tutta la vita ad un’attività faticosa e noiosa per il profitto di pochi. 
 L’invenzione della disoccupazione moderna è lì per spaventarli e farli ringraziare la 
generosità del potere. Che cosa farebbero senza la tortura del lavoro? E sono queste attività 
alienanti che sono presentate come una liberazione. Che decadenza e che miseria! 
Sempre pressati dal cronometro o dalla frusta, ogni gesto degli schiavi è calcolato per 
aumentare la produttività. L’organizzazione scientifica del lavoro costituisce l’essenza stessa 
dell’espropriazione dei lavoratori sia dal frutto del proprio lavoro sia dal tempo che dedicano 
alla produzione automatizzata di merce e servizi. 
 Il ruolo del lavoratore si confonde con quello della macchina nelle fabbriche, con 
quello del computer negli uffici. Il tempo retribuito non torna più. 
 Così, ogni lavoratore è assegnato ad un compito ripetitivo, intellettuale o fisico che 
sia. Egli è specialista nel proprio campo di produzione. Questa specializzazione si riscontra 
su scala planetaria nel quadro della divisione internazionale del lavoro. Si concepisce in 
occidente, si produce in Asia e si muore in Africa.

La colonizzazione di tutti i settori della vita 

“È l’uomo in sé che è condizionato al comportamento produttivo attraverso 
l’organizzazione del lavoro, e fuori dalla fabbrica tiene la stessa pelle e la stessa testa”. 
Christophe Dejours

Lo schiavo moderno avrebbe potuto accontentarsi della propria servitù al lavoro, ma 
nella misura in cui il sistema di produzione colonizza tutti i settori della vita, il dominato 
perde il proprio tempo nelle distrazioni, nei divertimenti e nelle vacanze organizzate. Nessun 
momento del suo quotidiano sfugge alla morsa del sistema. Ogni attimo della sua vita è stato 
sequestrato. È uno schiavo a tempo pieno. 

La medicina mercantile 
“La medicina fa morire più a lungo”. Plutarco

Il degrado generalizzato del suo ambiente, dell’aria che respira e del cibo che 
consuma; lo stress delle sue condizioni lavorative e dell’insieme della sua vita sociale sono 
all’origine delle nuove malattie dello schiavo moderno. È malato della sua condizione servile 
e nessuna medicina potrà mai curarlo da questo male. Soltanto la liberazione più completa 
dalla condizione nella quale si trova prigioniero può liberare lo schiavo moderno dalle 
proprie sofferenze. 
 La medicina occidentale conosce un solo rimedio di fronte ai mali di cui soffrono gli 
schiavi moderni: la mutilazione. È con la chirurgia, gli antibiotici o la chemioterapia che sono 
trattati i pazienti della medicina mercantile. Ci si accanisce contro le conseguenze del male 
senza mai cercarne la causa. Le ragioni di questo accanimento sono ovvie: cercare la vera 
causa ci condurrebbe inevitabilmente a condannare senza appello l’organizzazione sociale nel 
suo complesso. 
 Così come ha trasformato in semplice merce ogni dettaglio del nostro mondo, il 
sistema attuale ha fatto del nostro corpo una merce, un oggetto di studio e sperimentazione 
consegnato agli apprendisti-stregoni della medicina mercantile e della biologia molecolare. E 
i padroni del mondo sono già pronti a brevettare la vita. 
 Il sequenziamento completo del DNA del genoma umano è il punto di partenza di una 
nuova strategia messa in atto dal potere. La decodificazione genetica non ha altro scopo che 
amplificare considerevolmente le forme di dominazione e di controllo. 
 Anche il nostro corpo, come tante altre cose, ci è sfuggito. 

L’obbedienza come seconda natura

“A forza di obbedire si sviluppano riflessi di sottomissione”. Egix di Caro

Il meglio della vita gli sfugge, ma lui continua perché è abituato ad obbedire da 
sempre. L’obbedienza è diventata una seconda natura. 
Obbedisce senza sapere il perché, semplicemente perché sa di dover obbedire. 
Obbedire, produrre e consumare, questo è il trittico che domina la sua vita. Obbedisce ai 
genitori, ai professori, ai datori di lavoro, ai padroni di casa, ai mercanti. Obbedisce alla legge 
e alle forze dell’ordine. Obbedisce a tutti i poteri perché non sa fare altro. La disobbedienza 
lo spaventa più di ogni altra cosa perché la disobbedienza significa rischio, avventura, 
cambiamento. Così come il bambino si spaventa quando perde di vista i genitori, lo schiavo 
moderno si sente smarrito senza il potere che lo ha creato. Quindi continua ad obbedire. 
 È la paura che ha fatto di noi degli schiavi e che ci mantiene in questa condizione. È 
per paura che ci inchiniamo davanti ai padroni del mondo e accettiamo questa vita di 
umiliazione e di miseria. 
 Abbiamo però la forza numerica in confronto alla minoranza che governa. La forza 
non la traggono dalla loro polizia ma proprio dal nostro consenso. 
Giustifichiamo la nostra vigliaccheria davanti al legittimo scontro con le forze che ci 
opprimono con un discorso pieno di umanesimo moralizzatore. Il rifiuto della violenza 
rivoluzionaria è ancorato nelle menti di quelli che si oppongono al sistema nel nome di valori 
che questo sistema stesso ci ha insegnato. 
 Il potere invece non esita mai a ricorrere alla violenza quando si tratta di conservare la 
propria egemonia. 

La repressione e la sorveglianza

“Sotto un governo che imprigiona ingiustamente, anche il posto dell’uomo giusto è in 
prigione”. 

La disobbedienza civile, Henry David Thoreau 



Tuttavia, ci sono ancora individui che sfuggono al controllo delle coscienze. Ma sono 
sotto sorveglianza. Ogni forma di ribellione o di resistenza è di fatto assimilata ad un’attività 
deviante o terrorista. La libertà esiste soltanto per coloro che difendono gli imperativi 
mercantili. L’opposizione reale al sistema dominante è ormai totalmente clandestina. Per 
questi oppositori, la repressione è la regola in uso. E di fronte a questa repressione, il silenzio 
della maggioranza degli schiavi trova la propria giustificazione nell’aspirazione mediatica e 
politica a negare il conflitto che esiste nella società reale. 

Il denaro

“E quello che una volta si faceva per l’amore di Dio, ora si fa per l’amore del denaro, vale 
a dire per l’amore di quello che oggi dona il senso di potere più elevato e la coscienza 
tranquilla”. 
Nietzsche


Come tutti gli esseri oppressi della Storia, lo schiavo moderno ha bisogno della sua 
mistica e del suo dio per anestetizzare il male che lo tormenta e la sofferenza che lo opprime. 
Ma questo nuovo dio, al quale ha consegnato l’anima, non è altro che il Nulla. Un pezzo di 
carta, un numero che ha significato soltanto perché tutti hanno deciso di conferirgliene. 
È per questo nuovo dio che studia, lavora, si batte e si vende. È per questo nuovo dio 
che ha abbandonato ogni valore ed è pronto a fare qualsiasi cosa. Crede che possedendo molti 
soldi si libererà dagli obblighi di cui è prigioniero. Come se il possesso andasse di pari passi 
con la libertà. La liberazione è un’ascesi che deriva dal controllo di sé. È un desiderio e una 
volontà in atto. Sta nell’essere, non nell’avere. 
 Ma allo stesso tempo bisogna essere risoluti a non servire più, a non obbedire più. 
Bisogna essere capaci di rompere con un’abitudine che nessuno, sembra, osa mettere in 
discussione. 

Nessuna alternativa all’organizzazione sociale dominante 

Invece lo schiavo moderno è convinto che non c’è alternativa all’organizzazione del 
mondo attuale. Si è rassegnato a questa vita perché pensa di non poterne avere una diversa. 
Proprio qui sta la forza della dominazione presente: alimentare l’illusione che questo sistema, 
che ha colonizzato l’intero pianeta, è la fine della Storia. Ha fatto credere alla classe dominata 
che adattarsi alla sua ideologia significa adattarsi al mondo così com’è e com’è sempre stato. 
Sognare un altro mondo è diventato un crimine condannato all’unanimità da tutti i media e da 
tutti i poteri. Il criminale in realtà è chi contribuisce, consapevolmente o no, alla demenza 
dell’organizzazione sociale dominante. Non c’è follia più grande di quella del sistema attuale. 

L’immagine 
“Se no, sappi o Re, che noi non serviremo i tuoi dèi e non adoreremo la statua d’oro che tu 
hai eretto”. Vecchio Testamento, Daniele 3:18

Davanti alla desolazione del mondo reale, si tratta, per il sistema, di colonizzare 
l’insieme della coscienza degli schiavi. È così che nel sistema dominante, le forze di 
repressione sono precedute dalla dissuasione che, sin dalla prima infanzia, compie la sua 
opera di formazione degli schiavi. 
Devono dimenticare la loro condizione servile, la loro prigione e la loro vita misera. 
Basta vedere la folla ipnotica connessa davanti a tutti i monitor che accompagnano la loro 
vita quotidiana. Ingannano la loro insoddisfazione permanente nel riflesso manipolato di una 
vita sognata, fatta di denaro, di gloria e di avventura. Ma i loro sogni sono tutti penosi, quanto 
la loro vita miserabile. 
Esistono immagini ovunque e per tutti. Portano in sé il messaggio ideologico della 
società moderna e servono da strumento di unificazione e di propaganda. Crescono man 
mano che l’uomo viene espropriato dal proprio mondo e dalla propria vita. I bambini sono il 
primo bersaglio di queste immagini perché si tratta di soffocare la libertà nella culla. 
Bisogna abbruttirli e sradicare ogni forma di riflessione e di senso critico. Questo 
accade ovviamente con la complicità sconcertante dei genitori, che non provano neanche più 
a resistere alla forza d’urto cumulata di tutti i mezzi moderni di comunicazione. Comprano 
loro stessi tutte le merci utili all’asservimento dei propri figli. Si dissociano dalla loro 
educazione e la consegnano al sistema dell’abbrutimento e della mediocrità. 
I divertimenti

Questi poveri uomini si divertono, ma il divertimento serve soltanto a distrarli dal 
vero male che li soffoca. Hanno acconsentito che la loro vita fosse priva di ogni significato e 
fingono di esserne fieri. Provano ad ostentare la loro soddisfazione ma nessuno si lascia 
ingannare. Non riescono nemmeno più ad ingannare loro stessi quando si ritrovano davanti al 
riflesso impietoso dello specchio. Così perdono il loro tempo davanti ad imbecilli assennati a 
farli ridere o cantare, sognare o piangere. 
Si mimano, attraverso lo sport mediatizzato, i successi e gli insuccessi, le forze e le 
vittorie che gli schiavi moderni hanno smesso di vivere nel proprio quotidiano. La loro 
insoddisfazione li incita a vivere per delega davanti al televisore. Mentre gli imperatori della 
Roma antica compravano la sottomissione del popolo con il pane e i giochi del circo, oggi è 
con i divertimenti e il consumo del vuoto che viene comprato il silenzio degli schiavi. 

Il linguaggio 

La dominazione sulle coscienze passa principalmente attraverso l’utilizzo viziato del 
linguaggio della classe economicamente e socialmente dominante. Con il monopolio dei 
mezzi di comunicazione, il potere diffonde l’ideologia mercantile attraverso la definizione 
rigida, parziale e faziosa, che dà alle parole. 
Le parole sono presentate come neutre e come se la loro definizione andasse da sé. 
Ma sotto il controllo del potere, il linguaggio indica sempre una cosa diversa dalla vita reale. 
È innanzitutto un linguaggio della rassegnazione e dell’impotenza, il linguaggio 
dell’accettazione passiva delle cose così come sono e come devono rimanere. Le parole 
lavorano per conto dell’organizzazione dominante della vita e il solo fatto di utilizzare il 
linguaggio del potere ci condanna all’impotenza. 
Il problema del linguaggio è al centro della lotta per l’emancipazione umana. Non è 
una forma di dominazione che si aggiunge alle altre, è il cuore stesso del progetto di 
asservimento del sistema totalitario mercantile. 
È con la riappropriazione del linguaggio e quindi della comunicazione reale tra le 
persone che emerge nuovamente la possibilità di un cambiamento radicale. È così che il 
progetto rivoluzionario si congiunge con il progetto poetico. Nell’effervescenza popolare, la 
parola è presa e reinventata da gruppi numerosi. La spontaneità creatrice s’impadronisce di 
ognuno e ci unisce tutti. 

L’illusione del voto e della democrazia parlamentare

Tuttavia, gli schiavi moderni si sentono pur sempre cittadini. Credono di votare e 
decidere liberamente chi condurrà i loro affari. Come se potessero ancora scegliere. Ne hanno 
soltanto l’illusione. Pensate che ci sia ancora una differenza fondamentale per quanto 
riguarda il tipo di società nella quale vogliamo vivere tra la destra e i socialisti in Francia, tra 
i democratici e i repubblicani negli Stati Uniti, tra i laburisti e i conservatori nel Regno 
Unito? Non esiste opposizione perché i partiti politici dominanti sono d’accordo 
sull’essenziale e cioè sul mantenimento della società mercantile. Non esistono partiti politici 
che rimettono in discussione il dogma del mercato in grado di accedere al potere. 
 E con la complicità mediatica, questi partiti monopolizzano l’apparenza. Bisticciano 
su dei particolari purché tutto rimanga come prima. Litigano per sapere chi occuperà i posti 
offerti dal parlamentarismo mercantile. 
 Questi patetici battibecchi sono ripresi dai media per occultare un vero dibattito sulla 
scelta di società nella quale vogliamo vivere. L’apparenza e la futilità dominano sulla 
profondità del conflitto delle idee. Tutto questo non somiglia in nessun modo ad una 
democrazia. 
La democrazia reale si definisce prima di tutto con la partecipazione massiccia dei 
cittadini alla gestione degli affari della città. È diretta e partecipativa. La sua espressione più 
autentica è l’assemblea popolare e il dialogo permanente sull’organizzazione della vita in 
comune. La forma rappresentativa e parlamentare che usurpa il nome di democrazia limita il 
potere dei cittadini al solo diritto di voto, vale a dire al Nulla, tant’è vero che la scelta tra il 
grigio chiaro e il grigio scuro non è una scelta reale. La stragrande maggioranza dei seggi parlamentari sono occupati dalla classe economica dominante, che sia di destra o della 
cosiddetta sinistra social-democratica. 

 Il potere non è da conquistare, è da distruggere. È dispotico per natura, che sia 
esercitato da un re, un dittatore o un presidente eletto. L’unica differenza nel caso della 
“democrazia” parlamentare, è che gli schiavi hanno l’illusione di scegliere liberamente il 
padrone che dovranno servire. Il voto ha fatto di loro i complici della tirannia che li opprime. 
Non sono schiavi perché esistono padroni, ma esistono padroni perché hanno scelto di 
rimanere schiavi.

Il sistema totalitario mercantile

“La natura non ha creato né padroni né schiavi, 

non voglio né consegnare né ricevere leggi”. 
Denis Diderot

Il sistema dominante si definisce quindi con l’onnipresenza della sua ideologia 
mercantile. Occupa tutto lo spazio e tutti i settori della vita. 
Non dice altro che: “Producete, vendete, consumate, accumulate!”. Ha ridotto 
l’insieme dei rapporti umani a rapporti commerciali e considera il nostro pianeta una 
semplice merce. Il dovere che ci impone è il lavoro servile. L’unico diritto che riconosce è la 
proprietà privata. L’unico dio che ostenta è il denaro. 
Il monopolio dell’apparenza è totale. Si vedono e si sentono soltanto uomini e 
discorsi favorevoli all’ideologia dominante. La critica a questo mondo è affogata nell’onda 
mediatica che decide ciò che è bene e ciò che è male, ciò che si può vedere e ciò che non si 
può vedere. 
Onnipresenza dell’ideologia, culto del denaro, monopolio dell’apparenza, partito 
unico sotto le spoglie del pluralismo parlamentare, assenza di un’opposizione visibile, 
repressione in ogni forma, volontà di trasformare l’uomo e il mondo. Questa è la vera faccia 
del totalitarismo moderno chiamato “democrazia liberale” ma che bisogna chiamare ora con 
il suo vero nome: il sistema totalitario mercantile. 
L’uomo, la società e tutto il pianeta sono al servizio di questa ideologia. Il sistema 
totalitario mercantile è quindi riuscito a compiere ciò che nessun totalitarismo era riuscito a 
fare prima: unificare il mondo a sua immagine. Oggi non c’è più esilio possibile.

Prospettive 

Man mano che la repressione si estende a tutti i settori della vita, la ribellione prende il volto 
di una guerra sociale. Le sommosse rinascono e annunciano la rivoluzione che verrà. 
La distruzione della società totalitaria mercantile non è questione di opinione. È una 
necessità assoluta in un mondo che sappiamo condannato. Il potere è ovunque, ovunque e in 
ogni momento va combattuto. 
La reinvenzione del linguaggio, lo sconvolgimento permanente della vita quotidiana, la 
disobbedienza e la resistenza sono le parole chiave di questa ribellione contro l’ordine 
stabilito. Ma per fare in modo che da questa rivolta nasca una rivoluzione, bisogna radunare 
le soggettività in un fronte comune. 
Bisogna adoperarsi per unire tutte le forze rivoluzionarie. Questo si può fare soltanto 
partendo dalla consapevolezza degli insuccessi passati: né il riformismo sterile, né la 
burocrazia totalitaria può essere una soluzione alla nostra insoddisfazione. Si tratta di 
inventare nuove forme di organizzazione e di lotta. 
L’autogestione nelle imprese e la democrazia diretta a livello comunale sono le basi di 
questa nuova organizzazione anti-gerarchica nella forma e nel contenuto. 
Il potere non è da conquistare, è da distruggere. 


giovedì 28 novembre 2013

Il Dodicesimo Pianeta - Il Crocevia +

In un testo mesopotamico (K.3558), tradotto da Charles Virolleaud, nel quale vengono descritti i membri del gruppo mulmul, ovvero del nostro sistema solare, nell'ultima riga si legge esplicitamente: 

"Il numero dei suoi corpi celesti è dodici. Dodici sono le stazioni dei suoi corpi celesti. Il totale dei mesi della luna è dodici ". La riga 20, poi, della cosidetta tavola TE diceva: "naphar 12 sheremesh ha.la sha kakkab.lu sha Sin u Shamash ina libbi ittiqu" che significa "in totale 12 membri a cui appartengono il Sole e la Luna, e dove orbitano i pianeti". Il conto è presto fatto: Sole, Luna, i nove pianeti oggi conosciuti più un altro: quello che lo storico Zecharia Sitchin chiama il Dodicesimo Pianeta. A questo punto, e alla luce dei recenti avvenimenti, nasce ovvio fare le seguenti considerazioni; o i Sumeri avevano mezzi e conoscenze scientifiche pari o superiori alle nostre (va ricordato che Plutone è stato scoperto solo nel 1930), oppure, come afferma Sitchin, i Nefilim, abitanti del pianeta Nibiru, diedero la conoscenza agli antichi sacerdoti-astronomi, fra l'altro, dei pianeti che orbitano attorno al Sole. 

Antichi testi mesopotamici, risalenti al 2000 a C., parlano non solo di presenze aliene, ma di una cosmogonia nella quale è chiara la presenza di un pianeta dalle stesse caratteristiche di quello "scoperto" dal Dr. Murray. Provenienza: dalla profondità dello spazio, grandezza: superiore a quella di Giove e, cosa più strabiliante: traiettoria opposta a quella degli altri pianeti del nostro sistema solare. E' facile immaginare molti scienziati che posti di fronte all'enigma chiedono di attendere "dati ufficiali" o tutt'al più, con sorrisi ironici - che più volte abbiamo visto esibire in trasmissioni televisive riguardanti tali argomenti - affermare che senz'altro si tratta di coincidenze fra storie fantastiche e odierne scoperte scientifiche. Possiamo capire che uno scienziato si chiuda su posizioni di riscontro dati o prove empiriche (ci stupirebbe l'inverso!), quello che non accettiamo è il rifiutare a priori l'analisi di certe ipotesi. 

Questi scienziati ci devono dire, sempre che non contestino prima le traduzioni dei testi mesopotamici, da cosa può essere derivata la conoscenza, ben 4000 anni fa, del nostro sistema solare, dilettandosi a calcolare quante probabilità esistono statisticamente che nel racconto si potesse prevedere un pianeta con traiettoria opposta agli altri. Ci potrebbero anche spiegare perché i Dogon, un popolo dell'Africa, conosce da generazioni la stella Sirio e la sua compagna, che chiamano Po Tolo, stella seme, invisibile ad occhio nudo e scoperta solo nel 1844 con il nome di Sirio B. 

Tralasciamo queste considerazioni per ritornare al nostro tema. Esiste un testo mesopotamico - la Enuma Elish ("Quando nell'alto"), risalente al 2000 A.C., scritta in caratteri cuneiformi, composta da sette tavole, ciascuna di 115/170 righe nel quale, in chiave narrativa, si descrive la formazione del nostro sistema solare. Ne evidenziamo alcune parti significative per la nostra ricerca. Enuma elish la nabu shamamu (quando nell'alto il Cielo non aveva ancora un nome) Shaplitu ammatum shuma la zakrat (e in basso anche il duro suolo non aveva nome). Così comincia il racconto. Esistono all'inizio solo tre dèi, o pianeti, AP.SU (uno che esiste fin dal principio), MUM.MU (uno che è nato) e TIAMAT (vergine della vita). Dal rimescolamento delle acque (le acque primordiali, gli elementi base dell'universo) nascono LAHMU e LAHAMU. Comparvero poi AN.SHAR e KI.SHAR che generarono ANU e GAGA; quest'ultimo, da identificarsi con Plutone, era inizialmente un emissario (satellite) di AN.SHAR per poi allontanarsi, come vedremo nei prossimi articoli.

giovedì 21 novembre 2013

Antico Egitto: Contratti per schiavi volontari

Si è sempre pensato che nell'Egitto antico gli schiavi fossero schiavi e basta.
Schiavo inteso come chi è soggetto alla volontà o alla forza altrui e non può disporre liberamente di sé. Privato della libertà contro il suo volere, appartiene ad altri come una cosa. Questo è quello che abbiamo sempre pensato degli schiavi dell'Antico Egitto. E invece si scopre che, almeno per un periodo (dal 190ac al 130ac), ci furono schiavi volontari, i quali firmavano addirittura un contratto per diventarlo. Questo dicono le ultime scoperte del Prof. Kim Ryholt
(egittologo dell'Università di Copenhagen)
il quale ha studiato alcuni papiri che hanno rivelato di essere proprio i contratti per diventare schiavi stipulati circa 2200 anni fa. Vennero ritrovati presso il sito antico di Tebtunis durante scavi illeciti vicino al tempio e, come è successo tante volte con i tesori egizi, venduti e sparpagliati qua e là sul globo. L'Università di Copenaghen nella suaCollezione di Papiri Carlsberg ne contiene un buon numero ma la maggior parte sono rovinati e frammentati dal tempo. Per poterli ricostruire e studiare Ryholt  ha impiegato anni, viaggiando per cercare di ricostruire i documenti incompleti, sparsi in più punti dell'Egitto, in Europa e negli Stati Uniti. Quello che è venuto fuori dalle ricerche è un contratto di schiavitù per diventare schiavi nel Tempio locale, che veniva stipulato volontariamente. Il testo tradotto dallo studioso recita più o meno così:"Io sono il tuo servo con i miei figli e i figli dei miei figli, a partire da oggi io sarò il tuo servo, e pagherò 2 pezzi e mezzo di rame ogni mese come mia tassa di schiavitù per Soknebtunis, il grande Dio"

bassorilievo tomba egizia di Nefer e Kahai, Saqqara
Appare veramente insolito, firmare un contratto regalando la libertà e pagare per essere schiavizzati. Eppure è così, dice Ryholt . La spiegazione della questione sta nel fatto che il lavoro di schiavo nel Tempio era più leggero del lavoro che svolgeva uno schiavo impiegato, ad esempio, nella costruzione di canali. Presumibilmente chi firmava questi contratti era di un ceto più basso e rischiava di essere impiegato nei lavori più duri, che erano a spesso fatali. Il contratto era, dunque una scappatoia per evitare i lavori forzati, in quanto gli schiavi del Tempio ne erano esonerati e lavoravano prevalentemente nel settore agricolo.

A mio avviso era una costrizione, non di certo una gioia ! 

lunedì 4 novembre 2013

L’Arca di Noè… Sumera

Nelle tavole dei sumeri, la nave di Ziusudra era definita MA.GUR.GUR ( nave in grado di capovolgersi e ruotare ). Nei testi accadici veniva chiamata TEBITU, con la T dura, intendendo una nave sommergibile, mentre il redattore biblico usò la T morbida, chiamandola TEBA, cioè “scatola” (da qui il termine “arca” nelle traduzioni). In tutte le versioni l’imbarcazione era sigillata ermeticamente con il bitume ma aveva una porta apribile.
Secondo l’Epopea di Gilgamesh (il famoso re sumero), la nave che Utnapishtim, il nome accadico dell’eroe del Diluvio, ricevette istruzioni di come costruire la nave. Esse erano:
- Lunghezza 300 cubiti (circa 160 metri)
- Larghezza 120 cubiti (circa 64 metri)
- Altezza 120 cubiti (circa 64 metri)
Un terzo dell’imbarcazione rimaneva fuori dalle acque mentre i restanti 2 al di sotto della linea di galleggiamento.
Nel suo studio del 1927 dal titolo The Ship of the Babylonian Noah, l’assirologo Paul Haupt propose il seguente disegno basato su vari testi antichi.